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Muti all'Opera

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diLORENZO TOZZI A Roma si torna a respirare aria di grandeur. Un po' come a Milano, dove tutto sembra fermarsi per il S. Ambrogio scaligero, anche nella capitale l'attesa della storica inaugurazione, garantita dalla musica di Rossini il grande e dalla bacchetta di Riccardo Muti sul podio, sembra farci tornare agli anni d'oro del teatro capitolino. Si tratta difatti di una inaugurazione evento che trascende la ordinaria amministrazione, tanto più sorprendente nei tempi di magra (economica ma anche culturale) in cui viviamo. Muti ha difatti scelto Moïsé et Pharaon (Parigi 1827), un'opera grandiosa per le architetture sia musicali che scenografiche (egizie e non senza colpi di scena), un capolavoro imponente e autorevole, anche se non proprio popolare (salvo la bellissima preghiera corale che in italiano suona «Dal tuo stellato soglio» aggiunta solo nel 1819). E stasera l'opera, che debutterà ufficialmente giovedì prossimo, avrà un'anteprima speciale, onorata dal Presidente della Repubblica, il cui incasso andrà alla benemerita Comunità di S. Egidio. Tra i presenti anche il Sindaco Alemanno, presidente del Teatro e principale artefice del suo rilancio, ma anche molti personaggi della cultura e dello spettacolo da Pippo Baudo a Bruno Vespa, dalle sorelle Fendi a Luca di Montezemolo, dall'assessore Croppi a Luigi Abete, da Veleria Marini a Francesco Caltagirone, dai Prinicipi Odescalchi a Garimberti, da Mauro Masi al rabbino Di Segni, da Giuliano Ferrara a Liliana Cavani, da Gabriele Muccino alla principessa Borghese. Un grande sforzo, che impegna tutte le forze lavorative del teatro, dal coro sotto la direzione di Roberto Gabbiani, al corpo di ballo per le coreografie del cinese Shen Wei, alle scenografie moderatamente moderne di Pier'Alli e vuole essere la prima pietra sulla quale ricostruire su basi nuove il futuro del teatro quirite. L'opera, in questa elaborata versione francese che schiude le porte al grand opéra, non era mai apparsa al Costanzi al contrario della versione italianizzata di Calisto Bassi. Tra gli altri Muti l'aveva invece diretta sia alla Scala nel 2003 con la regia di Luca Ronconi (le danze erano disegnate da Micha van Hoecke, oggi direttore del ballo all'Opera) che a Salisburgo nel 2009. La musica vive dei chiaroscuri delle vicende individuali (l'amore di Anaïs per Amenophis, figlio del Faraone, ma soprattutto degli affreschi corali dei due popoli contrapposti, l'oppressore egizio e l'oppresso ebreo in una dinamica altamente spettacolare che non sfuggirà all'esordiente Verdi del Nabucco (pera che Muti dirigerà a Roma in marzo per il centocinquantenario dell'Unità d'Italia). Al primo apparire parigino del Moisé il maestro pesarese, che aveva da poche settimane perso la diletta madre, fu festeggiato dal pubblico e dalla critica, che sottolineò come lo stantio clima dell'Opéra fosse stato ringiovanito dall'innovativo progetto. Tra gli estimatori lo stesso Cherubini, allora direttore del Conservatoire parigino, e il celebre critico Hanslick, padre del formalismo musicale e più tardi fervente antiwagneriano. Rossini vedeva in una parola riconosciuta la rivoluzione della sua musica in seno al teatro e al canto francese, segnando l'avvento di un'età nuova. Postumo estimatore anche Mascagni che la diresse nel 1915 a Roma, rivelandone l'arditezza e la genialità. Nel selezionato cast vocale svettano i nomi di Ildar Abdrazakov (Mosé) e Sonia Ganassi (Sinaide) già nel cast scaligero 2003 di Muti, insieme a Nicola Alaimo (Faraone), Eric Cutler (Amenofi), Juan Francisco Gatell (Eliezer), Riccardo Zanellato (Osiride) Saverio Fiore (Afide), Anna Kasyan (manaide) e Barbara di Castri (Marie).

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