Testini non ha ucciso il pusher Cafasso

Incella era finito con l'accusa di aver ucciso il pusher del «caso Marrazzo», Gianguerino Cafasso. Ma ieri il gip ha deciso che il carabiniere Nicola Testini deve lasciare il penitenziario e tornare a casa. Per il giudice, infatti, non ci sono elementi per sostenere che il militare abbia volontariamente ammazzato lo spacciatore dei transessuali della Cassia, deceduto il 12 settembre del 2009 in un albergo sulla via Salaria mentre era in compagnia del trans Jennifer. Il gip Renato Laviola ha quindi revocato la misura cautelare in carcere, disponendo gli arresti domiciliari per le altre accuse contestate allo stesso carabiniere, arrestato per la presunta tentata estorsione all'ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, sorpreso in casa del trans Natali in via Gradoli 96. Testini è ancora coinvolto nell'indagine sul filmato girato il 3 luglio del 2009 nell'appartamento del trans sulla Cassia, giorno in cui sarebbe stato in compagnia anche di altri due colleghi, Luciano Simeone e Carlo Tagliente. «Abbiamo dovuto aspettare sette mesi per giungere alle stesse conclusioni cui i nostri esperti erano arrivati nell'aprile scorso, ossia che Cafasso non è morto per l'assunzione di droga, quando avevamo discusso della scarcerazione del mio assistito davanti al Tribunale del Riesame», ha detto il difensore di Testini, l'avvocato Valerio Spigarelli. E ancora: «Gli accertamenti della procura sono erronei sia sotto il profilo tecnico, avendo sostenuto che è morto a seguito dell'assunzione di droga datagli da Testini, sia sotto quella della corrispondenza alla realtà per quanto riguarda gli accertamenti tecnici svolti in sede di autopsia in merito a un presunto esame di organi che in realtà non sarebbe mai avvenuto», ha continuato il penalista. La decisione del gip, comunque, non è stata di certo condivisa dai magistrati, che hanno già annunciato che nei prossimi giorni presenteranno ricorso contro la scarcerazione di Testini al Riesame. Questo perché, secondo il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli, la scelta del gip non modifica l'impostazione accusatoria e la decisione di sollecitare il giudizio immediato per i quattro militari «infedeli» indagati, a seconda delle singole posizioni processuali, per il blitz nell'appartamento in via Gradoli dove era in corso l'incontro a luci rosse tra l'ex governatore Marrazzo e Natalì. Au.Par.