Preghiera, clausura e un ottimo miele
SacroEremo tuscolano dei monaci camaldolesi, anno domini 2010. A cinque chilometri da Frascati. Dietro le spesse e alte mura dell'eremo, incastonato tra i castagni, la vita scorre secondo leggi vecchie di secoli. Una comunità di eremiti dove le donne non sono ammesse e possono varcare solo la soglia di uno spartano parlatorio. Eremiti dediti alla preghiera, solitaria. Dodici celle. La clausura come regola. L'amore, la preghiera, il servizio, come vocazione. Il giorno inizia alle 4 del mattino: la lectio divina, il monaco prega e medita. Le lodi alle 6, la messa alle 6,30: la recitazione della «terza» e poi le attività ordinarie. Ad ognuno il proprio compito, nel silenzio: in cucina, nell'orto, nelle aree comuni, nei laboratori. La recita della «sesta», il pranzo, il riposo: alle 14,30 l'ora breve, la «nona». Poi ancora in solitudine fino ai vespri, alle 17,30. La lectio divina e la cena frugale. La compieta a fine giornata. «La regolarità è la nostra regola per la pace interiore – dice Frà Alessandro, il portinaio - la custodia della cella è la nostra ricchezza. Ci guida l'amore di Dio Trinità». Poche parole sussurrate, ma una immensa apertura al dialogo. «Offriamo la nostra preghiera al Padre per la salvezza dell'uomo. Non preghiamo per noi. La tentazione più grande è quella di sentirsi inadeguati e di perdere coraggio». Il contatto col mondo è sul portone dell'eremo: i monaci producono miele e liquori. Editano libri di eremiti e di fede. I rapporti con i vicinissimi conventi di San Silvestro (Padri Carmelitani scalzi) e dei Cappuccini, sono buoni. I contatti sporadici.