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Villa Massimo Tutto da rifare

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.Rivogliono i pini abbattuti. Un prato vero. Giochi per i bimbi. Rivogliono, dicono, un punto di ristoro che rispetti gli accordi iniziali col Comune. Sono i residenti del III Municipio che frequentano il parco di Villa Massimo, ribattezzato Marguerite Duras. La loro battaglia, a suon di raccolta firme e ricorsi al Tar, non si ferma. «Dobbiamo bloccare il progetto di riqualificazione di Villa Massimo - dice Maurizio Centili, rappresentante del comitato a difesa del parco - o ci ritroveremo con meno verde e un aumento delle attività commerciali. Il gestore del punto di ristoro si vuole allargare. È un abuso». La protesta di chi frequenta questa macchia verde tra i palazzoni di piazza Bologna, in realtà, parte da molto lontano. Nel 1995 l'amministrazione comunale decide di approvare il progetto «Punto verde qualità»: i parchi della Capitale che il Campidoglio non può riqualificare vengono dati in gestione a un privato, che apre all'interno del parco stesso un'attività profit in cambio della manutenzione di tutta l'area. Villa Massimo rientra nel piano e diventa, tacnicamente, «Punto verde infanzia». Viene affidata nel 2001 a Diego Denaro che prende in concessione l'area giochi e alla società Dafi srl di Luigi Miglietta, a cui è accordato il punto di ristoro («Casina di Pini»), un tempo grande 28 mq, trasformandolo in una una struttura di 196 mq, più la zona tavoli esterna di 107 mq. La convenzione del Comune con i due, che vincono un bando, prevede l'installazione di vari servizi all'interno dell'area verde e la manutenzione. Le attrezzature obbligatorie sono una ludoteca, un parco giochi, il punto di ristoro, spazi espositivi, una stazione ecologica per la raccolta rifiuti, bagni pubblici e servizi igienici per gli animali. A queste vanno aggiunte le attrezzature compatibili: una recinzione intorno alla villa, spazio per spettacoli, attrezzature ludiche, campi di bocce, alloggio per il custode e altri optional. Ma dal 2001 a oggi, dicono i residenti, molti servizi non sono stati avviati. «Il punto giochi non c'è - spiega Maurizio Centili - giusto un'altalena e qualche giochetto a molla. In ogni caso manca il pavimento anti-shock». Poi c'è la questione bagno pubblico. In realtà c'è, è all'interno del punto di ristoro: «Ma stando laggiù è diventato il bagno del ristorante e in ogni caso non è segnalato». Nemmeno gli orari di apertura e chiusura sono segnalati, come risulta dal verbale di controllo dei vigili effettuato il 2 novembre scorso. Il verde non viene curato. Quarantadue pini secolari abbattuti non sono stati ripiantati e per la villa si contano numerosi tronchi mozzati. Dell'impianto di irrigazione che prevedeva 179 irrigatori non ce n'è quasi traccia. Ma è la Casina dei Pini ad alimentare la protesta dei cittadini. «Come tutti i locali - spiega Centili - è aperto fino alle 2 di notte e numerose segnalazioni sono arrivate per denunciare schiamazzi. Negli anni, poi, il ristoratore si è allargato. Faccio un esempio: il 10 agosto del 2004 sono stati tagliati cinque pini adiacenti al locale e l'anno dopo è stato approvato il progetto per l'allargamento dei tavoli del ristorante. Successivamente si sono sviluppati altri allargamenti, per esempio, nella zona cucina. Il viale d'accesso, inoltre, un tempo era una delle entrate alla villa ma adesso è, di fatto, diventato il viale d'accesso al ristorante». In merito alla zona giostre, invece, «i manufatti sono cresciuti di anno in anno». Zona che nel 2009 è ceduta da Diego Denaro alla Dafi srl che diventa così unico gestore di tutto il parco. E si arriva a febbraio 2010, quando la Dafi srl presenta un nuovo progetto di ristrutturazione di Villa Massimo che allarma di nuovo i residenti del quartiere riscatenando la protesta. Il progetto prevede uno spazio centrale espositivo di 160 mq, un'area baby feste di 60 mq, un baby parking a pagamento di 60 mq, un punto vendita di 15 mq, bagni per bambini, 50 mq di giostre, un'area ludica, una per adoloscenti, un orto botanico, una guardiola di 30 mq e un'area ricreativa per anziani. Per il comitato presieduto da Centili è «uno stravolgimento ulteriore della villa e la svendita di un parco pubblico nel cuore di Roma per svolgere attività a pagamento. Non ci sono neanche i giochi standard come le altalene». Contro questo progetto i residenti fanno ricorso al Tar del Lazio e aspettano una risposta dal tribunale. Intanto il municipio dà parere contrario alla ristrutturazione, con una riunione di consiglio del 15 giugno scorso (è però il Servizio Giardini del Campidoglio ad essere competente). Anche in Comune una mozione del 23 settembre scorso impegna sindaco e giunta «ad impedire il tentativo di ampliare la struttura commerciale esistente a spese dello spazio verde; a promuovere accertamenti sulla moria degli alberi verificatisi negli ultimi anni; a sostituire i pini abbattuti; a verificare gli accordi nei confronti del Comune di Roma, assunti dal gestore per la manutenzione degli spazi verdi e per l'osservazione degli orari di apertura del parco». «Per ora però - denuncia Centili - il progetto va avanti. Villa Massimo rischia di diventare un parco solo nei ricordi di chi, come me, la frequenta da quarant'anni».

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