Autogestiti e un po' più somari
.Dopo un ottobre scoppiettante che promette autunni incandescenti per il nostro studente arriva la fatidica data, il 17 novembre, in cui si celebra la Giornata Internazionale dello Studente. E per celebrarla nel modo più degno, già una quindicina di giorni prima, dagli istituti più fighetti della città (più blasonati, illustri, storici ecc) sale l'input di agire in maniera eclatante, per non abbassare la guardia e arrivare carichi all'evento-clou. Il dubbio amletico è dunque: «Okkupazione o autogestione?». La differenza è sostanziale: occupare significa compiere un atto di forza, puramente illegale. Con l'autogestione non si vìola la legge (generalmente viene autorizzata dal preside, dopo previa richiesta firmata dall'assemblea degli studenti) ma di fatto si blocca la didattica ordinaria. Insomma si ottiene la stessa cosa: mandare a quel paese programmi ministeriali, interrogazioni, compiti in classe ecc. Adesso viene fuori che gli studenti del famoso liceo classico Torquato Tasso (considerato in genere come anche il più tosto della Capitale) pensano che le occupazioni siano inutili e che sia preferibile contestare attraverso lo strumento dell'autogestione. A convincerli, sembra siano stati gli stessi genitori tra cui anche ex settantasettini pentiti. La situazione è comunque in evoluzione. È davvero una stranezza perché negli istituti più battaglieri l'imperativo categorico all'occupazione viene direttamente dai genitori, nostalgici delle loro barricate. Che fieri della prodezza fanno pure i turni di notte davanti alle scuole mentre i figli-cucciolotti sono intenti ad occupare. Contestare è un obbligo, sulle modalità si può discutere. E se le autogestioni bloccano la didattica e a fine anno i programmi sono rimasti indietro che male c'è? Tanto con un qualche mese di ripetizioni private ci si rimette in pari. L'importante è che siano preservate le settimane bianche e le gite scolastiche. E poi i corsi di rinforzo, naturalmente. A nessuno, a parte la Preside del Tasso Maria Letizia Terrinoni, viene in mente che si può protestare dal di dentro, continuando a frequentare, facendo lezione normalmente: i problemi della scuola non sono astratti ma concreti e vanno denunciati, discussi e affrontati dentro l'istituzione. Questo spirito di contestazione a priori, quasi di maniera, affidato a un rituale ormai trito fa perdere solo tempo.