Giustizia a rischio
Ha un nome e un cognome il proprietario dell'auto che ha travolto e ucciso due notti fa un giovane motociclista. L'Alfa Romeo 156 che, all'incrocio tra via Goito e via Cernaia, ha ammazzato il centauro in sella a un'Honda Sh 150 è intestata a un diplomatico del Sudamerica, probabilmente l'Ecuador. Se dovesse risultare lui al volante non potrà essere soggetto a procedimenti penali poiché gode dell'immunità. Ciò significa che non potrà essere fatta giustizia per la morte di Marco Bartoccioni, 26 anni, l'architetto deceduto al Policlinico Umberto I pochi minuti dopo il violento impatto con la vettura che si è data alla fuga. Sono stati i vigili urbani del I Gruppo, diretti da Cesarino Caioni, a individuare la macchina killer. Un risultato arrivato dopo aver ascoltato i testimoni presenti a quell'ora sul luogo dell'incidente e dopo l'esame delle immagini registrate dalle telecamere installate sulla strada della tragedia. Un lavoro che ha poi convinto gli investigatori a contattare l'ufficio del Ministero degli Affari Esteri, da dove è arrivata la conferma: l'Alfa Romeo di colore grigio è intestata a un dipendente di un'ambasciata. Adesso la Polizia municipale dovrà cercare di capire chi era al volante dell'auto che alle 4,30 ha travolto ad alta velocità il ragazzo che stava tornando a casa, scaraventandolo in terra e facendogli battere violentemente la testa sul marciapiede: quando sono arrivati i soccorsi, infatti, il giovane era già privo dei sensi e appena arrivato in ospedale il suo cuore ha smesso di battere. Nelle immagini visionate dalla polizia c'è una Alfa Romeo che transita sulla strada con la parte anteriore sinistra e con il parabrezza danneggiato. Tutti danni che, secondo gli investigatori, sono perfettamente compatibili con l'incidente mortale. Una volta che la polizia interrogherà il diplomatico, nonché intestatario della vettura, gli chiederà se era alla guida della macchina al momento dello scontro. Se la risposta sarà positiva, le forze dell'ordine non potranno procedere nei suoi confronti. Se invece era una persona che lavora in ambasciata e non ha l'immunità, questa sarà perseguita penalmente per omicidio colposo e omissione di soccorso. «Chi ha ucciso mio fratello abbia il coraggio di farsi vivo. Immunità o meno a noi non interessa, vogliamo sapere chi ha commesso questo gesto atroce». A parlare è la sorella di Marco Bartoccioni, l'architetto 26enne, ultimo di tre fratelli. E ancora: «Marco era una persona eccezionale, stava rientrando a casa dopo essere stato da un amico a vedere un film - continua la sorella - sappiamo che nessuno potrà farlo tornare indietro, ma ci auguriamo almeno che chi l'ha ucciso abbia il coraggio di farsi vivo. Non è ancora accertato chi ci fosse alla guida della vettura intestata al diplomatico - sottolinea la ragazza - per questo anche noi stiamo cercando testimoni». I parenti sono infatti convinti che l'automobile che ha investito Marco procedesse a forte velocita. «In via Cernaia il limite è di trenta chilometri orari - dice la sorella - non credo che a quella velocità riuscisse a far cadere mio fratello che era alto un metro e novanta e pesava 90 chili. Marco indossava anche il casco, è finito proprio contro lo spigolo del marciapiede». Ringrazia i romani «che hanno collaboratorato alle indagini» il presidente della Commissione sicurezza urbana Fabrizio Santori, che sottolinea che «in meno di 24 ore, la Municipale ha individuato il responsabile».