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Medico salvato dal telelavoro

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Ognimattina alle 8 in punto il radiologo Roberto Miolo, 55 anni, prende servizio al San Camillo da casa sua. E davanti al monitor continua a refertare lastre al torace come faceva in ospedale prima che la malattia degenerativa che l'ha colpito 15 anni fa gli impedisse i movimenti. Ma senza il progetto di Telelavoro in teleradiologia dell'Unità dipartimentale diretta da Antonio Bray, tutto questo non sarebbe stato possibile. Oggi l'unità operativa è pronta a diventare centro di riferimento regionale, con l'appoggio del commissario straordinario del San Camillo Forlanini, Massimo Martelli. Dottor Miolo, cosa fa? «Dal 1° maggio esercito la mia professione di radiologo dal mio domicilio, a Borgata Fidene, nell'ambito del Progetto Telelavoro in Teleradiologia, refertando in real time attraverso la mia workstation collegata al server Ris e Pacs gli esami radiologici che vengono eseguiti presso il reparto di Teleradiologia del San Camillo-Forlanini». Quanto lavora? «Sei ore e 20 minuti, un turno di lavoro insomma. Referto 40 esami radiologici in media al giorno utilizzando un sistema di refertazione standard articolato e computerizzato per ovviare ai miei deficit motori. Firmo digitalmente con smart card e con password i referti che vengono immediatamente e automaticamente inviati in stampa presso il reparto di Teleradiologia dove vengono consegnati ai pazienti insieme all'esame radiologico pochi minuti dopo l'esecuzione». E poi dove finiscono? «La sala operativa di Teleradiologia - Ris e Pacs istituita dal dottor Bray controlla da remoto il flusso e la archiviazione legale dei referti (ris) e delle immagini (pacs) provenienti da tutti i reparti radiologici dell'Azienda, compresi quelli trasmessi dalla mia postazione». Come è arrivato al telelavoro? «Dopo 15 anni la malattia mi ha costretto su una sedia a rotelle e ho dovuto disimpegnare la mia attività nelle sale radiologiche ove mi occupavo di esami contrastografici. Ma io volevo lavorare». Come ci è riuscito? «Un anno fa mi sono trasferito alla Unità operativa Dipartimentale di Teleradiologia e Telemedicina. E il dottor Bray, che conosce la mia determinazione, mi ha proposto la telerefertazione a domicilio». Ci sono state difficoltà? «Un'equipe di esperti dell'Azienda ha certificato le condizioni di sicurezza dei locali della mia casa da adibire al telelavoro e un'altra di tecnici informatici ha elaborato un piano di fattibilità per l'interconnessione dei sistemi informatici di radiologia Ris e Pacs dell'azienda con la mia postazione di telelavoro. Particolare attenzione è stata posta sulla sicurezza del lavoro, sulla protezione e la tutela della privacy dei dati trasmessi e sulla firma certificata digitale dei referti inviati». Lei è l'antifannullone. Cosa direbbe al ministro Brunetta? «Che come me ce ne sono tanti. Basterebbe fornire i supporti tecnologici per permettere ad ognuno di esercitare il diritto al lavoro».

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