Vigilante spara al pitbull killer
Persone che fuggono nei portoni, sui tetti delle auto, altre che lo prendono a bastonate, altre ancora che cercano di spaventarlo sgommando con le vetture e puntadogli contro i fari accesi mentre sbrana uno yorkshire di tredici anni e ferisce il padrone di 62. L'altra sera sulla Prenestina lo ha fermato solo il proiettile di una Beretta calibro 9 sparato da una guardia giurata che si è fermata quando ha visto sangue e terrore. La vittima è un cane, un pitbull inferocito che girava libero in strada anche se sottopelle i poliziotti del Commissariato Prenestino gli hanno trovato un microchip registrato all'anagrafe canina: segno che un proprietario c'è. La prima segnalazione al Commissariato diretto da Fabrizio Falzoni arriva poco prima delle 22. Sono le prostitute che battono sulla Palmiro Togliatti. Telefonano dall'interno di un palazzetto dove si sono barricate perché in strada c'è un pitbull che gira come un leone in cerca di prede. Dopo un quarto d'ora arriva un'altra chiamata. È il proprietario dello stesso stabile che si lamenta di intrusi nella sua proprietà: parlano, si agitano. Passano altri 15 minuti. Da una casa padronale di via dei Ciliegi scende il signor Vittorio M., 62 anni. Lui non sa niente di quella bestia indiavolata. Non sa che prima di lui alcune persone sono state aggredite e si sono salvate salendo sul tetto dell'auto. Come ogni sera porta a spasso il suo cane: si chiama Bimbo, è uno yorkshire di 13 anni ancora in buona salute. Arriva in viale Palmiro Togliatti, gira i tacchi verso casa e si vede piombare la morte addosso. Da dietro le spalle arriva il pitbull nero. È un killer. Afferra Bimbo tra i denti, lo scuote come uno straccio. Il signor Vittorio tenta il tutto per tutto: lo prende a calci e pugni. Il pitbull non molla. Lo fa solo quando Bimbo muore. Ora tocca all'uomo: il cane si slancia e affonda i denti tra l'indice e il pollice della mano destra del poveretto. I passanti provano a evitare un altro massacro. C'è chi va addosso al cane con la macchina, chi sgomma tentando di distrarlo col rumore delle ruote sull'asfalto. Coi fari accessi puntati su di lui. Niente. È un assassino che non si spegne. Lo ferma un vigilante libero dal servizio, Stefano Q., 43 anni con altri venti di esperienza sulle spalle. «Ho accompagnato la mia ragazza che vive in zona, ho visto quella scena e mi sono fermato. Era terribile. Il cane morto da una parte, il signore ferito alla mano dall'altra, gente che si chiudeva nell'auto mentre quel demonio girava agitando la testa in cerca della prossima preda. Io sono sceso dall'auto - continua - alle spalle avevo una rete. Non potevo muovermi. Ero praticamente bloccato. A un certo punto quel pitbull è venuto verso di me. Aveva la bava alla bocca e il sangue tutt'attorno. Mi ha guardato dritto negli occhi come se volesse sfidarmi. Ha fatto un balzo in avanti e mi ha spinto all'indietro con le due zampe davanti poggiate sulle gambe. A quel punto non avevo scelta: ho estratto la pistola, ho sollevato il braccio e sparato. L'ho colpito alla schiena. Io amo gli animali ma quel cane era un leone».