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Roma e il mondo visti da via Margutta

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DamianaVerucci Cavalletti, dipinti a olio, disegni, tele e i loro pittori, seduti a guardare il via vai di romani e turisti che appaiono ancora oggi affascinati da quell'esposizione di opere tanto differenti tra loro e così «personali». Sono passati più di cinquant'anni, ma a via Margutta il tempo sembra essersi fermato. Quando la manifestazione «Cento Pittori» riempie la strada diventata famosa anche per questo evento, non sembra neanche di trovarsi in pieno centro storico dove basta girare un angolo e rigettarsi nella mischia di una qualsiasi domenica mattina. I pittori sono ancora lì, diventati nel tempo quasi 130 e riuniti nell'Associazione Cento Pittori. Non più soltanto italiani, rigorosamente selezionati per mantenere alto il livello di questa forma d'arte. Astratta, ritrattistica, paesaggistica, simbolica, surreale. C'è di tutto a via Margutta, arricchita quest'anno dalla presenza di una bambina di undici anni, Isabelle Salari, di madre italo-francese e papà iraniano, che da tre giorni espone con orgoglio e soddisfazione le sue opere. Una volta a via Margutta si veniva per vedere com'era fatto un pittore, il tempo è passato, le tecniche per dipingere si sono affinate. Oggi il pittore si ispira alla pubblicità, al cinema, alla televisione, ma dentro, la sua anima, è rimasta la stessa. A sentire le storie dei protagonisti di questa mostra c'è da emozionarsi. Chi come Gancarlo Calma, passato al surrealismo dopo anni di pittura tradizionale, racconta i suoi inizi, non fa passare inosservato il significato di mantenere viva una rassegna come via Margutta, capace di riavvicinare anche i giovani di oggi a questa forma di arte. «Ci sono ragazzi che si sacrificano per acquistare un quadro come quelli che esponiamo in questa rassegna – racconta – e per chi come me fa questo mestiere per esprimere qualcosa è una grande gioia sapere di poter attrarre un pubblico giovanile». Se chiedi però a un pittore se si sente una «specie a rischio», la risposta è più o meno sempre la stessa: sì, soprattutto perché è difficile tramandare questa passione ai propri figli. Giancarlo ne ha tre e nessuno ha intrapreso questa strada, «spero nel mio nipotino – dice sorridendo – che ha otto anni e dimostra già un discreto talento». Una strada molto difficile, quella del pittore, ammette Emilio Napoleoni che dipinge quadri con la sabbia da fiume, una particolare tecnica sperimentata nel '90 e fatta ormai sua. «Ho due figli, ma sinceramente li ho spinti a fare altro. Questo mestiere è bellissimo, ma pieno di sacrifici». Emilio lavora fino a 3 settimane per realizzare un dipinto, 8 ore ogni giorno. Prima lavorava al Poligrafico dello Stato, ma si annoiava. Oggi espone le sue opere alle mostre di tutto il mondo e ha un sogno: «Aiutare i pittori più giovani a intraprendere questa professione, perché mancano le scuole e non c'è più come una volta la possibilità di imparare le tecniche dai maestri più esperti». Lontana l'idea di guadagnare con le proprie opere. «Si fa il pittore per passione e non certo per soldi – dice Francesco Longo, meglio conosciuto come Frans, ritrattista da 15 anni – la richiesta c'è ma negli anni è diminuita e chi acquista quadri oggi è più che altro un cultore». La pensa allo stesso modo Alberto Vespaziani, presidente dell'Associazione Cento Pittori, dipinge soprattutto paesaggi dal 1952. Per i suoi quadri trae ispirazione dalla tv e spiega: «Il mestiere è rimasto quello di un tempo, è il contorno che è totalmente diverso». Da qui il bisogno di salvaguardare manifestazioni come via Margutta «per continuare a respirare l'arte».

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