Slittano i saldi invernali Restano i soliti mugugni
Inrealtà, la decisione dell'assessore regionale alle Attività Produttive Pietro Di Paolo di far slittare l'inizio dei saldi al terzo sabato di gennaio (e non più al primo) e al terzo di luglio, era tutt'altro che scontata. Perché sono ormai anni che nel Lazio si dibatte sulla questione saldì sì saldi no, legge unica nazionale, date da posticipare e anticipare, con i commercianti schierati da una parte e la politica, spesso, dall'altra. I primi «accusano» la seconda di essere lontana dal comprendere i cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi tempi e, quindi, «poco flessibile» di fronte a esigenze diverse, soprattutto del consumatore. Quando però i politici, vuoi per convinzione, vuoi per opportunità, propongono mutamenti, sono gli stessi commercianti a irrigidirsi (vedi le aperture pomeridiane dei mercati, quelle domenicali dei negozi). È bene ricordarlo, fu l'ex assessore al Commercio Francesco De Angelis a proporre, in accordo con le associazioni di categoria, l'inizio dei saldi il primo sabato di gennaio e di luglio. Accordo destinato a infrangersi presto quando si iniziò a discutere di liberalizzazione, fortemente contrastata da Confcommercio e Confesercenti. Francesco Saponaro, ex assessore alle Attività produttive della giunta Storace, oggi presidente della Commissione Pmi alla Pisana, ne ha fatto un cavallo di battaglia sostenendo la possibilità per l'esercente di fare saldi tutto l'anno e l'inutilità di ingabbiare le svendite in un periodo ben preciso. Ma le associazioni di categoria hanno sempre manifestato la loro contrarietà alla proposta, che puntualmente viene rilanciata ogni volta che si avvicina il periodo dei saldi. Dunque, commercio e politica ancora distanti. Un distacco che da ieri sembra meno evidente. L'assessore Di Paolo ha recepito le istanze delle associazioni di categoria a pochi mesi dal suo insediamento motivando la sua scelta con «l'esigenza di ascolto e l'obiettivo di arginare la crisi del settore». La Confesercenti però rilancia: «Ora la legge sul commercio». E la Confcommercio: «Ora una data unica per tutta l'Italia». Due richieste che disegnano il nuovo campo di battaglia sul quale poter aprire nuovi confronti.