A tre anni dimenticato dai servizi sociali
.No alla sedia ortopedica. No al trasporto speciale. È un puzzle di diritti negati la storia di Emanuele, un bambino di tre anni diversamente abile costretto su un passeggino. La sua scuola e questo Comune non lo aiutano a vivere una vita normale. Emanuele ha un deficit motorio, una tetraparesi spastica. Le sue gambe sono rigide a causa dell'ipertono muscolare. Non può camminare come un bimbo qualunque. Sua madre, Helena Egorova, una signora russa da sedici anni in Italia, vive sola con il figlio. Lavora nel suo ristorante «Ai tre scalini», a un passo dal Colosseo. E il pomeriggio deve portare con sé Emanuele, se non vuole lasciarlo solo in casa. Così, nel luglio dello scorso anno, chiede al V Dipartimento del Comune la possibilità di riservare un posto auto per disabili di fronte il suo locale. Ma il 2 aprile scorso arriva la risposta negativa del Campidoglio, «perché viene chiesto il posto personalizzato in luogo diverso dall'abitazione del disabile». Eppure, la domanda di Helena era chiara: serve un posto auto in via dei Ss Quattro dove ha il ristorante, non sotto casa. Per Emanuele è solo la prima beffa. Il bimbo avrebbe infatti diritto anche a una sedia ortopedica posturale nel suo asilo, il Corniolo Rosso del Municipio XII. «Abbiamo fatto richiesta - spiega la mamma mentre prepara i coperti del ristorante - ma la scuole non vuole acquistare la sedia. Dicono che non hanno soldi. Così ho chiamato la Asl che ha risposto: "Non è nostra competenza". È un anno che dall'asilo dicono che arriveranno i soldi ma per ora la stuazione è solo peggiorata». Il terapista di Emanuele al Centro Voita spiega: «Il bambino ha una incapacità di attuare movimenti volontari in modo corretto. Ha un ipertono muscolare che - spiega Ulderico De Rosa - aumenta a seconda della postura. Noi facciamo terapia per correggerla ma se il suo comportamento non è corretto anche fuori la nostra struttura il lavoro si vanifica in poche ore. Senza quella sedia si accentua la disabilità e ciò sarà un danno anche per la sua integrazione sociale». Ma non basta. Deve rinunciare anche al servizio di navetta comunale, a disposizione di chi è impossibilitato a utilizzare i normali mezzi di trasporto pubblico. Gli serve per spostarsi dall'asilo al centro di riabilitazione. «Il Comune dice che non ci sono fondi», spiega mamma Helena dietro il bancone del locale. «E ora scusate ma devo scappare. Corro a prendere Ema. Se non vado resta all'asilo. Io non lo lascio solo».