Bussa al vicino e gli spara Il quartiere applaude il killer
Ha suonato alla porta di casa, l'altro ha aperto e davanti alla moglie gli ha sparato due colpi di pistola, uno in faccia l'altro in bocca. È finita nel sangue la lite scoppiata ieri pomeriggio tra due inquilini di un complesso popolare alla periferia di Roma, al sesto ponte del Laurentino 38. Per cercare di capire il movente però bisogna partire dalla strana solidarietà che manifestavano ieri i residenti. Quando la gente ha saputo chi era la vittima non ha trattenuto l'applauso. La sua vita era finita e tutti tiravano un sospiro di sollievo, dispiacendosi invece per l'altro. È morto infatti quello definito l'attaccabrighe, lo spaccone Massimiliano Garsevic, 31 anni, al quarto piano della palazzina D del comprensorio in via Domenico Giuliotti. È stato arrestato per omicidio "il buono" e sempre disponibile Giancarlo Di Francesco, 34 anni, sposato, padre di tre bambini dai 9 ai 12 anni. Il luogo dove tutto è cominciato è significativo: il circolo anziani «Fonte Ostiense» allestito proprio all'interno del complesso. Stando a una prima ricostruzione fatta dai carabinieri della Compagnia Eur del maggiore Rino Coppola, alle 16 il circolo apre i battenti. Gli iscritti sono soprattutto i pensionati del posto. Entrano in otto. Si aggiunge pure Giancarlo Di Francesco, un ragazzone alto circa un metro e novanta. Mentre giocano a carte arriva la vittima Massimiliano Garsevic, anche lui della stessa altezza. Sembra su di giri. Chi lo conosceva dice che lo era spesso, sia per uso di sostanze stupefacenti sia perché beveva. Garsevic alza le mani. Dà uno schiaffo alla testa di un anziano, alla schiena di un altro e ne colpisce altri ancora. Di Francesco interviene. Gli dice di smetterla. Lui reagisce e i due discutono. Alcuni del circolo dicono di aver telefonato al 112 dei carabinieri. La lite prosegue in strada, su via Giuliotti. Il nervosismo cresce: l'attaccabrighe avrebbe anche minacciato di accoltellare l'altro giovane. Allora monta la rabbia. I due si separano, ciascuno va a casa sua: Garsevic al quarto piano della scale D, Di Francesco al sesto della C. Ma non per starsene tranquilli bensì per armarsi e dare una lezione l'uno all'altro e viceversa. L'omicida prende la pistola e va spedito verso l'abitazione della vittima che invece afferrra un coltello. Arriva per primo Di Francesco: suona alla porta e come Garsevic apre, davanti alla moglie, gli spara due colpi che gli devastano il volto. Scende le scale, arriva in strada, butta la pistola in un'area verde poi comincia a fare su e giù in strada. Ripete: «Cosa ho combinato, cosa ho combinato». Arrivano i carabinieri della stazione di Cecchignola e del Nucleo radiomobile e lo ammanettano. La vicenda sembra chiusa. Ma i militari devono trovare risposta a due interrogativi. Il primo: è vero che la moglie della vittima ha tentato di sparare al Di Francesco ma la pistola si sarebbe inceppata? Il secondo: Di Francesco possedeva un'arma oppure gliel'ha data qualcuno all'interno del palazzo?