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Rabbia e cori per Alessio in galera

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Alessio Burtone mentre esce in strada assieme ai carabinieri

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I cori: «Alessio libero, è uno di noi». E la rabbia. È il sentimento che ha infervorato gli animi degli amici di Alessio Burtone quando ieri poco prima delle 18 l'hanno visto uscire dal portone di casa a via Don Bosco, a Cinecittà, scortato da quattro carabinieri per andare in carcere a Regina Coeli con l'accusa di omicidio preterintenzionale dopo il pugno sferrato alla romena di 32 anni alla stazione Anagnina, morta al policlinico Casilino. Col volto nascosto da una felpa blu col cappuccio sollevato, coi militari che tagliavano la selva di telecamere e microfoni, il ventenne ha lasciato la sua casa dov'era agli arresti domiciliari e si è infilato nell'auto del 112. Direzione: caserma dei carabinieri di Tor Tre Teste per le impronte digitali e il fotosegnalamento. I commenti acidi degli amici sono piovuti addosso alla vittima Maricica Hahaianu, ai romeni, al sindaco, alla stampa e alle forze dell'ordine. Contro l'infermeria: «Maricica prendeva spesso il bus 511 e dava sempre fastidio ai passeggeri. Creava sempre un pretesto per litigare, era un'attaccabrighe. Tempo fa si è fatta menare - aggiungono - per prendersi i soldi del risarcimento».   Contro i romeni: «Ad Anagnina se la comandano loro. Sono tanti e prepotenti. Un nostro amico è stato avvicinato nella metro da un gruppetto di loro che gli hanno chiesto se era anche lui romeno. Gli ha risposto di no e loro gli hanno intimato di andarsene». Contro Gianni Alemano che ha sostenuto l'esigenza che il ventenne finisse dietro le sbarre. «Da oggi Roma non ha più un sindaco, difende i romeni in qualsiasi occasione. È il sindaco di Bucarest». I giornalisti: «Siete degli sciacalli. Vergognatevi». E le forze dell'ordine: «Per un ragazzo tanti carabinieri, manco fosse un mafioso». Parole di solidarietà gli amici del «gruppo Lucio Sestio» le hanno gridate per Alessio: «Abbiamo paura per quello che può succedergli in carcere con tutti i romeni che ci saranno la dentro». Sul portone del palazzo rimarrà lo striscione «Alessio libero» che nei giorni scorsi gli stessi ragazzi avevano messo: «Lo abbiamo rifatto perché la donna delle pulizie, romena, lo aveva staccato». Del trasferimento del ragazzo in carcere sono soddisfatti i familiari di Maricica. Parla suo fratello, Giovanni Petroiou: «Deve pagare per quello che ha fatto. Siamo sollevati perché giustizia è fatta». Ieri poco prima delle 21, varcando il portone di Regina Coeli Alessio è stato accolto dal grido di alcuni detenuti romeni: «Alessiooo. Hai ucciso una romena, adesso ci pensiamo noi a te».

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