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Villa Ada sbancata dai romeni Nel parco un camping illegale

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Dinotte nascosti nelle tende piantate a Villa Ada. Di giorno armati di spazzolone ai semafori dei Parioli. È così che vivono una ventina di romeni, che si sono costruiti una tendopoli nel cuore segreto del secondo parco della città, Villa Ada, appunto, uno dei più amati dai romani, e uno tra i motivi per cui chi vive ai Parioli non lascerebbe mai l'elegante quartiere. La lotta agli insediamenti abusivi sotto i viadotti e i ponti si fa dura. E i senzatetto cercano nuovi rifugi, persino dentro i bei parchi simbolo di Roma. A Villa Ada, almeno fino ad oggi, sono vissuti indisturbati una ventina di romeni. Li hanno notati i residenti mentre percorrevano via del Foro Italico, nel tratto tra piazza Gondar e via della Moschea. Poi li hanno visti sparire nel bosco alle pendici di Monte Antenne. Ed è lì che hanno trovato rifugio, a 500 metri di distanza dai Parioli, proprio sopra la pista ciclabile, frequentata da sportivi e famiglie. «Hanno sbancato il terreno, e dopo aver costruito una scalinata scavando i gradini nella terra per accedere ad una radura, hanno eretto una ventina di tende di plastica e stracci» racconta il consigliere de La Destra del Municipio II, Massimo Inches, il primo a entrare, da solo e armato, nell'accampamento abusivo, formato da una decina di tende dove vivono gli immigrati. «Alcuni di loro - dice Inches - sono i reduci di piazza Gondar, sgomberati dopo il tentato stupro ai danni di un'automobilista da parte di un lavavetri romeno». Inches ha chiesto lo sgombero e la bonifica dell'area al II Municipio, alla polizia municipale, al comando del corpo, e al segretario generale del Comune. Ai Parioli i residenti sono pronti a scommettere che c'è un nesso tra la presenza della tendopoli e l'aumento di accattoni e lavavetri ai semafori. «Siamo assediati» dice Nicola Mastrorilli, presidente del Centro anziani, 700 iscritti. «Suonano ai citofoni, lasciano segni ai portoni, io stesso ho subìto un furto importante, e alla fine, per verificare le impronte, io, mia moglie e mia figlia siamo rimasti schedati con le impronte digitali». La situazione «è peggiorata» anche per Rodolfo Polli, titolare della Palestra 162, la più nota ai Parioli. «Non lo dico solo io, se ne lamentano anche i nostri soci».

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