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Maricica è morta

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Maricica Hahaianu, l'infermiera romena aggredita nella metro Anagnina

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Alle 21.31 le hanno staccato la spina. Ma come sarebbe andata a finire si sapeva già ieri alle tre del pomeriggio, quando la commissione medica ha iniziato a monitorare il tracciato delle macchine che tenevano in vita Maricica Hahaianu, l'infermiera di Villa Fulvia di 32 anni, madre di un figlio di tre, in coma da venerdì dopo la lite con un ventenne che le ha sferrato un pugno alla stazione metro Anagnina. Alle cinque e mezza del pomeriggio la Bmw blu fiammante guidata dal fratello di Maricica, un bel tipo coi capelli lunghi annodati in una coda, entrava al policlinico Casilino scortata dalla vigilanza come le auto delle star per proteggerne la privacy. Sono le ultime ore di Maricica, raccontate quando la rianimazione del policlinico Casilino dove respira ancora l'infermiera romena è già diventata la sua camera ardente. E nessuno si fa illusioni sul tragico epilogo di una banalissima lite in una stazione linda sorvegliata dalle telecamere. Nell'auto di lusso c'è anche Adrian, fabbro, il marito. E una bambina, la figlia del fratello di Maricica. Si barricano dentro l'auto nel parcheggio dell'ospedale, dove solo tre anni fa i parenti si erano recati per un evento bellissimo: la nascita del primogenito della donna, che ora vive coi nonni in Romania. I familiari, che avevano presidiato l'ospedale per tutta la mattinata, sono ritornati al policlinico nel tardo pomeriggio per riprendere la moglie del fratello di Maricica, una ragazza piccola e bruna che uscirà sorretta da due infermiere perché si è sentita male, quando ha potuto salutare per l'ultima volta la cognata. Non nutrono alcuna speranza di riportare Maricica a casa. Ha continuato invece fino all'ultimo a sperare in un miracolo e a pregare, il ragazzo di 20 anni che ha sferrato il pugno micidiale, Alessio Burtone, agli arresti domiciliari nella sua casa a Centocelle, poco distante dal policlinico Casilino. E non solo perché ora il capo di imputazione si aggraverà diventando omicidio preterintenzionale. «Piange, si dispera» ha riferito il suo avvocato, Fabrizio Gallo. In serata il giovane si è sentito male, è arrivato anche il medico. «È crollato sotto il peso di qualcosa di più grande di lui» dice Gallo. Il ragazzo ha sempre detto che Maricica l'aveva spinto e minacciato. E di aver avuto paura quando ha messo le mani nella borsetta. L'avvocato ha «fatto acquisire al pm un video in cui un teste confermerebbe la versione del ragazzo. Domani (oggi, ndr) dovrebbero essere identificati e ascoltati dai carabinieri due testimoni». Intanto Alessio potrebbe andare in carcere, lo ha chiesto due giorni fa la procura. E così quando ieri pomeriggio gli amici vedono arrivare i carabinieri a casa di Alessio temono che lo portino via. «Non è un assassino - dicono -, lui e la sua famiglia sono brave persone». Commoventi le colleghe di Villa Fulvia, che ieri sono arrivate al policlinico Casilino alla spicciolata, dopo il turno di lavoro, ma c'erano tutte, gli occhi rossi dal pianto. Schive e riservate rifiutano persino di dire il nome. «Non cerchiamo pubblicità» dicono con un filo di voce. Chi era Maricica? «Un'infermiera». E dicono tutto. Un'infermiera che «quando tornava a casa era soddisfatta se era stata salvata una vita - racconta il marito Adrian - ma nessuno ha potuto salvare la sua».

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