Tomasone: attenti, i crediti vanno in mano alle mafie
«Attenzione, spesso i prestiti usurai finiscono nella mani delle mafie che hanno strumenti più efficaci per riscuotere i crediti. Chi è vittima denunci perché da soli non se ne esce». Dà un avvertimento e un consiglio importanti il generale dei carabinieri Vittorio Tomasone. In tre anni al vertice del Comando provinciale ha inseguito «le ombre», come le chiama lui, che più hanno spaventato i romani e la ha inchiodate. Nell'estate 2007 fu la volta dei romeni che al centro aggredivano alle spalle e picchiavano la vittima lasciandola a terra come uno straccio. Per esempio, fu così per il regista Giuseppe Tornatore e per la consigliera municipale dell'XI Municipio Carla Di Veroli. Nel gennaio 2009 ha coordinato le indagini che in cinque giorni hanno portato all'arresto delle belve dello stupro di gruppo a Guidonia: la ragazza in auto violentata a turno e il fidanzato chiuso nel portabagagli. Fino all'ultimo episodio risolto in 18 giorni: a settembre il pestaggio del barista alla Magliana, inseguito e ridotto in fin di vita da sei romeni, tutti acciuffati. L'usura però non sempre lascia tracce di sangue, striscia nell'omertà. «I dati dell'usura - spiega Tomasone - sono sempre stati difficili da decifrare. Se dovessimo attenerci alle denunce diremmo che è un fenomeno irrilevante. Roma è sempre stata afflitta da questa piaga. Prima coi piccoli prestiti di quartiere, aumentati negli anni con le difficoltà economiche. Molte famiglie si indebitano non solo per comprare la casa ma anche per affrontare spese quotidiane. Le persone inoltre hanno anche un senso di pudore a denunciare: a volte sono amici o parenti a fare da intermediari, li esporrebbero al rischio di ritorsioni. E allora non di denuncia. A far saltare il fusibile però - aggiunge - è il trasferimento dei prestiti usurai nelle mani di organizzazioni che hanno possibilità e metodi per le riscossioni che inducono l'usurato ad avere veramente paura. Non sperate di risolverlo da soli ma immediatamente formalizzate una denuncia perché da soli dall'usura non se ne esce». In questo trienno come è cambiato il volto criminale di Roma? «La frequenza delle aggressioni è diminuita. I furti sono calati del 30 per cento, le rapine del 50. Un bilancio positivo frutto di impegno, organizzazione e sinergia tra istituzioni, forze dell'ordine e Prefettura, che ha dimostrato ampie capacità di coordinamento. Ma voglio dire con chiarezza che i risultati non sono merito di chi li consegue ma conseguenza di una di quello che è stato avviato negli anni passati». Cioè, che cosa si è riorganizzato? «Si è elaborato un modello, la sicurezza di aderenza. Segue i vari momenti del cittadino con presenze statiche, pattugliamenti dinamici e operazioni di prevenzione nei quartieri per debellare o contenere determinati fenomeni. Nel "patto per Roma sicura" - orchestrato dal ministro dell'Interno, con l'apporto dell'Esercito che ha presidiato gli obiettivi sensibili consentendo di recuperare personale sul territorio, e l'apporto di sindaco, prefetto e forze dell'ordine - è stato previsto per esempio di affontare il problema della stazione Termini. Si era registrato un degrado crescente. Ora c'è una presenza costante di operatori nella piazza e lungo le strade. Lo stesso è accaduto nelle periferie, a Tor Bella Monaca, San Basilio, Tor Vergata e rioni importanti come l'Esquilino. Sono organizzate operazioni per colpire centrali di criminalità. Tutto questo la gente lo ha compreso appieno». Va aggiustato il tiro? «Sempre, la sicurezza deve essere modificata a secondo di come si presenta la realtà. Non ci sono fenomeni che alzano la testa. Roma piuttosto si conferma una piazza privilegiata per le varie mafie che cercano di investire denaro sporco. Le indagini lo hanno messo in evidenza, altre sono in atto. Ci sono stati diversi sequestri di patrimoni. La guardia è alta». Il rapporto tra crimine e stranieri? «Il 50% degli arrestati è di origine straniera, responsabili soprattutto di reati contro il patrimonio e di aggressioni, su italiani ma anche su loro connazionali. Non hanno un lavoro, un domicilio e vivono di espedienti. Ma vanno divisi gli stranieri onesti da quelli che delinquono». Il 22 ottobre assumerà il comando della Legione Emilia Romagna. Che le resta dentro dell'esperienza romana? «La soddisfazione per il rapporto stretto tra Arma e cittadinanza. Questo lavoro è fatto di credibilità, è un grosso gioco di squadra».