Vecchia ,sbagliata, illegibile La segnaletica è una trappola
Troppo piccoli. Arruginiti. Illeggibili. Errati. Vecchi al punto da conquistre l'appellativo di «nonni». Soprattutto: pericolosi. Sono decine di cartelli stradali della Capitale. E per chi viaggia in auto, moto, ma anche a piedi, rappresentano un rischio serio. I meno esperti, comuni cittadini, difficilmente individuano i segnali sbagliati. Spesso chi se ne accorge è a un passo da un incidente stradale, oppure è stato già travolto dal destino. Per dare un'idea dei pericoli, subito qualche numero: il 94 per cento dei segnali orizzontali (come le strisce pedonali) non sono a norma; due segnali verticali su tre sono fuorilegge. Il nostro viaggio nella giungla dei cartelli stradali inizia grazie al «tutor» Assosegnaletica, che ci ha guidato in questo labirinto mostrando decine e decine di segnali fuorilegge o che neutralizzano il senso dell'orientamento anche al romano più esperto. Due anni fa, nell'agosto del 2008, i tecnici dell'associazione accompagnarono Il Tempo in questo «tour», riscontrando numerosi pericoli. Oggi poco o nulla è cambiato. Si parte da piazza delle Province. Pochi metri in discesa e si giunge a uno svincolo. Le indicazioni sembrano chiare: si può andare a Tiburtina, sul Raccordo, verso il Centro o i parcheggi nazionali e internazionali. Svoltiamo a sinistra, direzione Tiburtina. Ma poco dopo un curvone ecco ritrovarci lungo la via che porta fuori Roma. Dobbiamo tornare indietro. Ma farlo non è semplice. Chi non conosce la zona può impiegarci mezzora. A volte qualcuno prova ad azzardare un'infrazione. Il rischio che comporta quell'indicazione errata non è solo finire lontani dalla meta, ma causare anche un incidente. In due anni, dal giorno della nostra prima inchiesta, nulla è cambiato. Come nulla è cambiato, sempre sulla Tiburtina, poco dopo il Verano, quando si può imboccare la Tangenziale. I cartelli che indicano la direzione sono piccoli e lontani per chi arriva dal Centro. Nessun altro segnale avverte il conducento dello svincolo. Così le auto sono costrette a rellantare di colpo, frenando a pochi metri dal guard rail, rischiando la sciagura. C'è anche chi supera il segnale d'imbocco per l'arteria direzione Foro Italico e prova una manovra in retromarcia. No comment. Le indicazioni sbagliate, spiegano da Assosegnaletica, sono spesso il prodotto di cartelli troppo vecchi. Che non sono stati adeguati al cambiamento della mobilità cittadina negli anni. O le cui scritte sono state cancellate dal tempo. È il caso, ad esempio, di piazza Lecce. Una volta il segnale «parlava» chiaro: oggi assomiglia più a un pezzo di metallo su cui sono sopravvissute poche lettere. Da Nord a Sud il nostro viaggio racconta sempre la stessa storia. Da via delle Medaglie d'Oro all'incorcio killer di via Regina Margherita non si contano i segnali stradali illegibili, coperti da piante, che hanno perso la corretta luminosità o la colorazione. È possibile incrociarne molti divenuti ormai obsoleti, eliminati e sostituiti dalle nuove norme del Codice della Stada. Alcuni dei più antichi possono addirittura esser chiamati «nonni». Sono «stop» o «divieti di fermata» arruginiti o che hanno perso la verniciatura originale (decenni fa i cartelli erano verniciati, ndr). Riconoscerli è facile. E per chi vuole individuare con precisione l'anno di nascita basta buttare lo sguardo sul lato posteriore. Datano 1979, 1968, 1982. Spesso, oltre a essere inutili, sono anche pericolosi. Un capitolo a parte va dedicato invece al problema della catarifrangenza dei segnali stradali. Il cartello durante la catena di produzione viene ricoperto da una pellicola. Può essere di classe 1 o 2. Ad alcuni cartelli deve, per legge, essere applicata la pellicola di classe 2, la più luminosa. Troppo spesso la segnaletica della Capitale non rispetta questa norma. La certificazione avviene quindi con scarsa attenzione. Come è quasi nulla la manutenzione effettuata. A norma i cartelli con le pellicole classe 1 devono essere controllati ogni sette anni, mentre quelli con le pellicole classe 2 ogni dieci. Sul retro dei segnali però è una rarità scoprire che gli addetti ai lavori sono effettivamente passati per misurare la catarifrangenza e accertato che il cartello sia a norma. Tra indicazioni sbagliate, segnali «scaduti» e preistorici la sicurezza sulle strade della Capitale resta quella accertata due anni fa dal nostro quotidiano. Il prezzo che si rischia di pagare è ancora troppo alto.