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Prese le belve della Magliana

Magliana, rapina a un barista ridotto in fin di vita. Nel fotogramma la fuga dei malviventi.

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Preso il branco che la notte del 7 settembre in via della Magliana 214 ha rapinato e ridotto in fin di vita il barista romano Ennio Casale, 63 anni, ricoverato all'ospedale San Camillo. Quattro sono stati fermati, due sono ancora latitanti. Sono tutti romeni, belve dai 22 ai 30 anni, due pregiudicati per furto. Sono dei senza fissa dimora. Frequentavano la zona della stazione Termini e dormivano dove capitava: nei vagoni dei treni interregionali, nei campi nomadi, dall'amico di turno. È lo stesso identikit di chi nei mesi di agosto e ottobre 2007 massacrò e uccise il ciclista Luigi Moriccioli, a Tor di Valle, Giovanna Reggiani a Tor di Quinto, mettendo a segno una serie di agguati violenti e poi l'orrore al Portuense. Quella notte i sei hanno visto il barista uscire dall'Antico Caffè Santa Maria, a Santa Maria Maggiore. L'hanno seguito, hanno preso con lui due autobus, il primo per arrivare a Trastevere e il secondo, la linea N16, per scendere alla Magliana. Poi lo hanno preso alle spalle riempiendolo di calci alla testa e al volto, visti durante la fuga da alcuni camionisti che alle 3 di notte hanno avvisato il 112. Dall'altro ieri sono in cella, acciuffati a Termini da un pool di carabinieri che per trovarli ha lavorato senza sosta: Compagnia dell'Eur del maggiore Rino Coppola e Nucleo investigativo di via In Selci del colonnello Lorenzo Sabatino, coordinati dal colonnello Salvatore Cagnazzo del Reparto operativo del Comando provinciale. Cosa ha scatenato l'assurda ferocia dei romeni che non hanno temuto di uccidere? Sessanta euro e un orologio che i balordi pensavano fosse d'oro e invece era di metallo, senza alcun pregio, forse neppure quello di segnalare l'ora esatta. Ma i sei non lo sapevano, non lo immaginavano e probabilmente neppure erano interessati a saperlo. All'inizio i militari si sono mossi quasi nel buio. La vittima era senza documenti e degli aggressori non c'erano tracce. I camionisti testimoni si erano fermati a troppa distanza per poter identificare i balordi. I carabinieri avevano solo un paio di elementi: due grembiuli che erano nella borsa del barista, uno verde e l'altro marrone con la scritta Illy caffè. E le registrazioni della telecamera esterna di un bar di via della Magliana che aveva ripreso l'arrivo dei rapinatori e la loro fuga a piedi dopo il pestaggio. I militari sono partiti da qui. Hanno battutto i bar di Roma che potevano usare quel marchio di caffè e sono arrivati all'Antico caffè Santamaria, davanti alla basilica. Ennio Casale ci lavorava da febbraio, dopo aver girato mezzo modo ed essersi stabilito alla Magliana, affittando la stanza da un signore. Praticamente senza parenti. Scoperta l'identità della vittima toccava risalire a quella degli aggressori. Dalle registrazioni delle telecamere si vedeva ben poco. Le immagini erano sgranate, i tratti dei volti si percepivano appena. Erano visibili il colore dei capelli, degli abiti e la corporatura dei sei. Uno di questi però mostrava un particolare: il braccio sinistro ingessato. Era un indizio ed è stato decisivo. Anche qui, i carabinieri hanno passato al setaccio i pronto soccorso degli ospedali di Roma e provincia alla ricerca della registrazione di chi era stato trattato in sala gessi al braccio sinistro. E lo hanno trovato. Il 31 agosto all'Umberto I era stato ricoverato un romeno di 27 anni con una ferita da taglio al braccio sinistro, la lama però aveva colpito così in profondità che aveva reciso il tendine rendendo necessario il ricovero di un giorno e l'ingessatura dell'arto. Il 1° settembre il romeno era stato dimesso ed era tornato a fare la solita vita con la stessa combriccola. I militari si sono appostati, hanno visto i soggetti, hanno comparato le loro immagini dal vivo con i dati antropometrici ricavati dalla registrazioni delle telecamere e la Procura di Roma ha disposto il fermo. Due sono latitanti. I quattro hanno 22, 27, 28 e 30 anni. Solo uno ha confessato l'aggressione, quello col braccio ingessato. La vittima è ricoverata al San Camillo: combatte tra la vita e la morte dopo che i sanitari gli hanno asportato un vasto ematoma dall'emisfero sinistro del cervello. «Rivolgo un sentito ringraziamento ai carabinieri del Nucleo investigativo - commenta il sindaco Gianni Alemanno - che hanno assicurato alla giustizia quattro appartenenti al gruppo responsabile del brutale pestaggio. Il fatto che tutti i fermati fossero stranieri senza fissa dimora, alcuni dei quali con precedenti condanne - precisa - rafforza la convinzione di questa Amministrazione a continuare la battaglia sul piano della legalità per rendere Roma una città maggiormente sicura».  

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