I familiari di Cucchi contro i pm: nel processo non saremo parte civile
.Non ha nessuna intenzione Ilaria di condividere l'impianto accusatorio ipotizzato dalla procura, tanto da lanciare un messaggio chiaro agli inquirenti: «Stiamo seriamente pensando di non costituirci parte civile nel processo per la morte di Stefano», ha tuonato la donna. Cosa a portato la famiglia del geometra di 31 anni morto all'ospedale Sandro Pertini a prendere una decisione del genere? Non condividono i reati contestati agli imputati. Il motivo? Secondo i parenti del ragazzo, deceduto dopo essere stato picchiato nelle celle di sicurezza del Tribunale e ricoverato in ospedale, Stefano non è morto per negligenze dei medici romani, ma per le percosse ricevute mentre si trovava nelle celle di sicurezza del Tribunale: si trovava lì per essere processato per direttissima. Ecco cosa avrebbe spinto la famiglia a prendere la decisione di non presentarsi come parte civile nel procedimento penale. Di diverso avviso, invece, i magistrati che indagano sulla vicenda. I pubblici ministeri Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, in base ai risultati degli accertamenti affidati nel corso delle indagini, sarebbe emerso che Stefano Cucchi è morto per un comportamento errato dei medici dell'ospedale: «Bastava un bichciere d'acqua per salvarlo», hanno scritto in una consulenza tecnica depositata in procura nei mesi scorsi. Ma i familiari non ci stanno. Secondo loro, infatti, dovrebbero essere contestati reati differenti ad alcuni degli imputati che il prossimo 5 ottobre si dovranno sedere davanti al giudice. Nei confronti degli agenti della polizia penitenziaria, sostengono i parenti, dovrebbe essere ipotizzato il reato di omicidio preterintenzionale e non di lesioni, proprio perché alla base della morte di Stefano ci sarebbero le percosse. A rischiare di finire sotto processo ci sono dunque medici, agenti penitenziari, infermieri e funzionari del Dap. Tutti, a seconda delle rispettive professionalità, avrebbero contribuito al decesso del geometra di 31 anni morto. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio degli agenti della polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici per aver, secondo i pm, picchiato brutalmente la vittima nelle celle di sicurezza del Tribunale mentre era in attesa di essere processato con il rito per direttissima dopo essere stato arrestato per droga. A rischiare di finire sul banco degli imputati anche sei medici: Aldo Fierro, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Luigi Preite De Marchis e Rosita Caponetti, gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe e infine il dirigente del Prap Claudio Marchiandi. Era il 16 ottobre quando il ragazzo è stato arrestato dai carabinieri per spaccio di sostanza stupefacenti. Dopo sei giorni di agonia il suo cuore si è fermato in ospedale nel reparto detenuti.