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Più della metà dei cittadini intervistati da Il Tempo rispondono picche alla domanda «cosa significa Roma Capitale?».

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Ladomanda delle domande, o la risposta delle risposte, è però quest'altra: «Ma a noi cittadini, che ce cambia?». Per ora niente. La strada verso Roma Capitale è ancora lunga e tortuosa. Il sì ottenuto due giorni fa dal Consiglio dei ministri è solo un primo passo. Il traguardo vero è rinviato all'inizio del prossimo anno, quando il governo dovrà approvare, dopo l'iter previsto, il secondo decreto, quello che conferisce a Roma funzioni e poteri speciali che oggi non ha. Entro quella data però occorrerà ridisegnare i confini delle ex circoscrizioni e verrà definito il numero dei rappresentanti del popolo nell'aula Giulio Cesare. Un secondo sì che però, a dire il vero, non è poi così scontato. Se si fosse trattato di una cosa semplice l'avrebbero già fatta negli anni passati. Perché il problema non è tanto a chi si dà il potere, ma a chi si toglie. C'è la Provincia, c'è la Regione e c'è la Lega, che ha «adottato» Roma Capitale mantenendosi sul binario del federalismo e già scalpita per una Capitale del Nord. Federalismo e decentramento, quindi meno burocrazia e uno sviluppo più rapido della città. Ma al popolo cosa cambia? Cambia, per esempio, che le grandi opere potranno essere approvate e realizzate con la metà del tempo perché in alcune materie non servirà più il beneplacito di Provincia e Regione. Segue a pag. 44

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