Progetto privo di armonizzazione tra il centro urbano e l'hinterland
Roma ha subito negli ultimi decenni una trasformazione profonda e accelerata. In un suo libro l'urbanista Giuseppe Campos Venuti ci ricorda che «Nel 1960 Roma non arrivava a due milioni di abitanti, con una superficie urbanizzata di circa 70 chilometri quadrati. Roma, invece, conta oggi una popolazione di tre milioni di abitanti e la sua superficie urbanizzata è cresciuta ad oltre 330 chilometri quadrati». La Roma di oggi è una città completamente diversa. Quando parliamo di Città Metropolitana, parliamo di questo. Il tema che ci troviamo di fronte è il confronto con una nuova dimensione segnata dall'interdipendenza di un'area vasta che supera i limiti tradizionali del comune e tende a coincidere con l'intera provincia di Roma. Penso ai quartieri sorti oltre i confini della periferia storica. Penso ai circa 700 mila abitanti del Comune che sono andati a vivere oltre i confini del Gra. Penso alla crescita esponenziale dei comuni della prima cintura romana. Sviluppo che ha comportato l'emergere di nuovi problemi. Un'incontrollata esplosione del consumo di suolo. Una concentrazione sempre più diseguale dei servizi. Una cronica carenza di infrastrutture materiali. Un imponente pendolarismo. Ci sono grandi scelte che Roma, oggi, non può più affrontare senza una visione di insieme: la gestione delle reti, la relazione con il suo principale porto e i suoi aeroporti, il traffico, la collocazione dei campi rom e la sicurezza. Su tutti questi temi è proprio l'assenza di coordinamento a produrre confusione e incapacità di decidere. Credo che questi dati evidenzino come ormai siamo a un bivio. Da una parte c'è il rischio di una crescente periferizzazione dell'area vasta di Roma, dall'altra la possibilità di governare un processo positivo di metropolizzazione, indirizzandolo verso un progetto di sviluppo. La nostra posizione sulla riforma che si sta discutendo in Parlamento è chiara. Bene i poteri speciali per Roma Capitale. Ma la finalità vera della riforma deve essere quella di garantire un governo complessivo dell'area metropolitana. C'è bisogno di un ente unico e nuovo, di un'amministrazione più forte e inclusiva per affrontare nuovi problemi. Del resto, già nella legge delega approvata lo scorso anno dal Parlamento, è prevista la provvisorietà dei confini di Roma Capitale nella prima fase di attuazione della devoluzione dei poteri in vista dell'istituzione della Città Metropolitana di Roma Capitale. Dunque, la strada è segnata. Spetterà ai singoli decreti governativi tradurre questa indicazione, sulla base di cinque criteri: semplificazione amministrativa, trasparenza, efficienza, decentramento e coinvolgimento delle comunità locali. Dobbiamo fare una riforma che parta dalla realtà di Roma oggi e dobbiamo fare una riforma che serva ad affrontare e risolvere oggi e domani i problemi di questo territorio. Nuovi poteri, nuovi strumenti e una nuova visione, indispensabili per garantire sviluppo e coesione, fondamentali per collocare Roma – e quindi l'Italia – come protagonista della competizione globale.