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Via quattro campi a settimana

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Emergenza nomadi Da Alemanno tre modifiche alla direttiva Ue

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.I tempi non sono certi. Molto dipenderà dallo stato in cui saranno trovate le baraccopoli. «Può darsi - spiega il delegato del sindaco alla sicurezza, Giorgio Ciardi - che entriamo in un campo dove sono previsti quaranta rom e invece ne troviamo ottanta. Se dovesse succedere i tempi si allungherebbero, perché tutto è proporzionato alla capacità di accoglienza delle nostre strutture sociali». L'assicurazione è che entro i primi mesi del 2011 gli insediamenti saranno smantellati. Le operazioni saranno divise municipio per municipio. Ieri è stata la volta di Ponte Bianco (tra il XV e il XVI): l'area è stata liberata dai senzatetto. Il presidente della commissione sicurezza del Campidoglio, Fabrizio Santori, ha spiegato che la zona era «lasciata alla mercè dei senza fissa dimora che, occupando spazi a pochi metri dal passaggio dei treni, rischiavano ogni giorno la vita». Giordano Tredicine, presidente della commissione Politiche sociali, assicura che a ogni operazione ci sarà il dovuto supporto di integrazione. La decisione di effettuare sgomberi proggrammati è stata presa in questura, ieri, mentre il sindaco Gianni Alemanno era a Parigi, dove è stato a colloquio con il segretario di Stato agli Affari Europei, Pierre Lellouche, e il ministro per l'Immigrazione, Eric Besson. L'obiettivo finale, spiega Alemanno, è portare il numero di nomadi a Roma da 7.100 a 6.000. Saranno divisi «tra 10 o 12 campi tollerati di cui 2 o 3 di prossima cantierizzazione». Alemanno, oggi, può contare su queste strutture: Salone, Gordiani, Candoni, River, Castel Romano, La Barbuta, Cesarina e Lombroso. Il prefetto deve ora ufficializzare le nuove aree dove costruire i restanti campi attrezzati. Secondo il sindaco la situazione a Roma è tranquilla e nessuno deve giocare a esasperarla. Il riferimento è ai «minisindaci di sinistra che predicano bene e razzolano male: ci accusano di essere intolleranti, poi quando si parla di portare un campo nel loro territorio protestano». E sui paragoni con i francesi ha precisato: «Ci sono due differenze: noi abbiamo un Piano Nomadi e abbiamo stabilito un dialogo con loro che si è consolidato. Inoltre resta l'obiettivo che nei campi regolari siano eletti dei rappresentanti che diventeranno interlocutori stabili». Se di Francia bisogna parlare, è il ragionamento del sindaco, bisogna farlo attraverso «un'alleanza affinché l'Unione europea affronti una politica sui nomadi e rom senza ipocrisia». Anzitutto «serve che l'Europa stanzi ulteriori risorse». Poi bisogna controllare che «le politiche di integrazione siano realizzate in tutti gli stati membri». La paura del sindaco è che i flussi di nomadi arriveranno anche dall'Est, in futuro. Per questo, al termine dei colloqui parigini, Alemanno ha anche messo sul piatto tre modifiche alla direttiva 38 dell'Ue sull'immigrazione: allontanamento coatto in caso di reati gravi; obbligo di conoscere la storia penale dei nomadi che arrivano sul territorio, un'anagrafe su scala europea; divieto di reingresso. Proposte che il sindaco porterà alla riunione di stamattina al Viminale con il ministro Roberto Maroni.

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