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Otto ore per sapere se sei grave

L'ospedale San Camillo

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Vecchie barelle, infiniti tempi di attesa (anche fino a otto ore, se si tratta di codice bianco o verde) e personale sotto organico. Senza contare gli sportelli per il triage aperti a metà e le pareti mobili della camera calda (l'area di transito delle ambulanze) rotte, tanto che sono state bloccate per evitare che qualcun altro (oltre a un vigilantes rimasto schiacciato mesi fa) si facesse male. In queste condizioni versa il Pronto soccorso dell'ospedale San Camillo a Monteverde. A raccontarlo sono gli stessi addetti ai lavori.   «La situazione è drammatica – spiega Tommaso Cedroni, sindacalista dell'Rsu e infermiere del Dea - Da quando hanno chiuso il San Giacomo e il Regina Elena, siamo arrivati ad accogliere 90mila pazienti in un anno. Ma il personale non basta. Non abbiamo la breve osservazione, eppure siamo un Dea di secondo livello. C'è bisogno di una rapida rimodulazione del Pronto soccorso. Per questo a settembre presenteremo un piano per cambiare la situazione». Al San Camillo si può arrivare anche a 250 visite giornaliere. Gli infermieri complessivi sono 75, suddivisi in tre turni. Per i codici bianchi e verdi l'attesa nella piccola sala d'aspetto senza aria condizionata può sfiorare anche le otto ore. «E questo non è niente. Qualche paziente è dovuto rimanere anche sei giorni su una barella prima di avere un posto letto» racconta Cedroni. «Mancano almeno 20 infermieri e 6 medici. E sono stati tagliati 120 posti letto per l'estate» aggiunge il responsabile del Pronto soccorso, Francesco Staderini. E' sua una circolare appesa nell'area triage, che spiega agli utenti che i tempi di attesa per i codici bianchi e verdi sono «indefinibili. Inevitabilmente superiori agli standard previsti». Dei tre sportelli dedicati al triage, ne funzionano solo due. «E' sempre stato così. Non perché ora siamo in estate» spiega un infermiere. Un portantino parla, invece, delle barelle e carrozzine presenti nel Pronto soccorso. «Sono dell'era dei Flintstones. Vecchie e anche poche. Dobbiamo andarle a cercare negli altri reparti dell'ospedale».

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