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Operaio in prigione per rapina anche se la vittima ha ritrattato

Daniela De Titta, la moglie dell'operaio detenuto in prigione, con la figlia

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Un operaio romano di 28 anni, Moreno Mariotti, è finito in carcere per aver aggredito e rapinato un bengalese che gestisce la pizzeria «da Baffo» in via Salvatore di Giacomo alla Montagnola. Quattro giorni dopo l'arresto, però, il bengalese che lo ha denunciato ha ammesso di aver mentito: non c'è stata alcuna rapina. Ma lui, il romano, dopo un mese e mezzo di detenzione, è ancora rinchiuso a Regina Coeli. Nonostante il 13 luglio Azad Abdukl Kalam abbia ammesso davanti ai carabinieri: «Ho raccontato della rapina per ripicca, per vendetta nei confronti di Mariotti. Da quattro anni mi maltratta. Ho approfittato dei fatti accaduti per fargliela pagare e per mandarlo in galera così da togliermelo dai piedi». I «fatti accaduti» sono quelli che hanno convinto il gip, il 9 agosto, a chiedere l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il romano (che ha già precedenti per furto e ricettazione), l'11 maggio sarebbe entrato nella pizzeria della Montagnola e dopo aver chiesto 200 euro al bengalese, avrebbe preso a calci e pugni sia Azad che il nipote Abdul. Un'aggressione che, secondo il racconto degli stessi bengalesi, sarebbe stata condita da frasi del tipo «negri di merda». Ma il gip, nell'emettere l'ordinanza di custodia cautelare, aveva anche tenuto conto della rapina: 3.100 euro che il bengalese aveva detto che erano spariti dalle casse. Ma se la rapina, invece, non c'è stata, come mai il romano è ancora in carcere? Il motivo è semplice. Il bengalese (ora denunciato in stato di libertà per calunnia) avrebbe mentito perché aveva paura. La sua bugia, insomma, non conta. Lo spiega lo stesso gip nell'ordinanza con cui rigetta l'istanza di scarcerazione del difensore di Mariotti, l'avvocato Giuseppina Tenga: «È emerso, a fronte di un'insita aggressività dell'indagato nei confronti della persona offesa (che anche in passato sarebbe stata minacciata), il significativo condizionamento di Azad che l'avrebbe indotto a denunciare il diverso fatto per il quale si è proceduto». Insomma, il reato viene derubricato da rapina a tentata rapina, ma l'operaio è ancora in cella. Non gli hanno concesso nemmeno i domiciliari. Per il giudice è meglio che resti dov'è: è probabile che «reiteri comportamenti della stessa indole» ed è necessario per «la tutela dei testimoni che potrebbero essere inibiti o condizionati». Ma il difensore del giovane romano si chiede come sia possibile che «una persona resti in carcere più di 40 giorni quando chi lo ha denunciato ha ammesso di aver detto il falso» e quando il giudice stesso ha sollecitato «un ulteriore approfondimento dei rapporti tra le parti». Per il legale di Mariotti, quella che era apparsa «un'aggressione-rapina, in realtà è una lite per screzi passati». Ancora più «grave», secondo l'avvocato Tenga, e di cui non è stato tenuto conto, è quanto raccontato da Sergio Esposito, il proprietario della pizzeria (il bengalese la gestisce soltanto), il 14 luglio ai carabinieri: «Azad mi ha detto che aveva paura di Mariotti, per cui se avesse fatto una denuncia solo per lesioni non gli sarebbe accaduto nulla, mentre denunciando una rapina sarebbe stato sicuramente arrestato».

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