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«Mamma, non ti preoccupare, papà lo ammazzo io»

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Manuelha 5 anni ma un odio già grande. Da quando è nato, il padre - S.G, 37 anni - picchia la sua mamma, di 29, entambi romani. Non solo. La costringe ad avere rapporti sessuali quando vuole lui, a stare prigioniera in casa. L'ultima volta, a fine luglio, per sei giorni ha segregato lei e il piccolo. Non potevano uscire, né aprire le serrande o prendere una boccata d'aria. A colazione, pranzo e cena erano obbligati a mangiare latte, succhi di frutta e merendine. L'altro ieri l'incubo è finito. Gli agenti del commissariato Prenestino lo hanno fermato con accusate pesanti: violenza sessuale, maltrattamenti, sequestro di persona e stalking. La storia comincia nove anni fa, a Roma. I due si conoscono. Lei è una ragazza, lui un fruttivendolo che gira nei mercati itineranti, nella provincia romana, nel Reatino e anche oltre. Poi cinque anni fa nasce il piccolo. La famiglia si sposta nei dintorni di Avezzano dove risiedono i familiari di lui. E cominciano i problemi. Il marito fa uso di droga, cocaina. Ha avuto anche qualche problema con le forze dell'ordine. Comincia la violenza. Coincide proprio coi giorni in cui lui è su di giri, sotto l'effetto dello stupefacente. Botte e abusi. All'inizio il bimbo è troppo piccolo per capire. Quando vede il papà gli va incontro festoso. Col tempo però le cose cambiano. L'umore del bimbo si fa cupo. Vede il padre gridare, alzare le mani sulla madre, assorbe quella furia anomala. E nonostante l'età, consola la madre. Si fa grande, fino a dire quello che nessun bambino di 5 anni direbbe mai, neanche per gioco: «Mamma, non ti preoccupare, papà lo ammazzo io». La donna non ce la fa più. Denuncia l'uomo, alla polizia di Avezzano e poi ai carabinieri al Prenestino. Ma lo sfogo al commissariato e in caserma non basta per evitare il peggio. L'uomo è solo indagato, se non è colto sul fatto non si può arestare. A luglio le cose degenerano. Lui serra in casa lei e il piccolo. Fino al 22. Il giorno dopo la donna prende il coraggio a quattro mani, approfitta di un attimo di assenza del marito, afferra il figlio e sale sul primo treno per Roma. Dopo tre ore e mezzo è a destinazione, trovando ospitalità dalle sue sorelle. Si precipita al commissariato del dirigente Fabrizio Calzoni e racconta tutto. Qualche giono fa l'epilogo. Sua sorella sta per partorire all'ospedale Figlie di San Camillo. La notizia arriva ai parenti su Internet, su Facebook, dove va a curiosare anche il marito, il quale sale in moto e corre in ospedale. Gli agenti della squadra giudiziaria se l'aspettavano. In borghese, si piazzano in sale d'aspetto del reparto di Ostetricia e attendono. Lui arriva, è pieno d'ira, insulta e minaccia. Scattano le manette. Ora madre e figlio sono assisti da un centro antiviolenza del Comune di Roma.

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