"Carpifave non era un tipo facile"

«Mio figlio non è un violento. Non so come sono andate le cose, le apprendo dai giornali. Quel giorno io arrivavo a casa e lui se ne andava sulla macchina della polizia. Non so che dire, è un mistero». Michele Pennetti, padre di Flavio, 30 anni, reo confesso dell'omicidio dell'assicuratore Massimo Carpifave, di 60, è tramortito dagli eventi. Ieri il giudice del Tribunale di Rieti ha convalidato il fermo del ragazzo, ora in arresto per omicidio e occultamento di cadavere. Al telefono, con un filo di voce, dice di avere mille interrogativi nella testa. Anche lui è nel campo delle assicurazioni, ha due uffici, a Selva Candida e all'Aurelio. Non sa perché il pomeriggio di giovedì scorso, sulla strada tra Rieti e Leonessa, in località Fuscello, con una mazza da baseball Flavio ha fracassato la testa all'assicuratore, ha spinto il corpo nel dirupo, lo ha ricoperto col fogliame che era lì, ha gettato il telefonino della vittima, dal polso gli ha sfilato l'orologio Rolex, la pistola a tamburo che aveva con sé, si è rimesso in macchina, è tornato a Roma e alla moglie serba di Carpifave che preoccupata, dalla sua casa sulla Cassia, chiedeva notizie ha risposto di aver lasciato il marito davanti all'agenzia in via di Vigna Stelluti, intorno alle 18,30. La risposta che lo ha fregato. Né il papà sa immaginare quale odio abbia covato il figlio fino a perdere la ragione. Signor Michele, che rapporto c'era tra suo figlio e Massimo Carpifave? «Normale, di lavoro». Mai nessuna sfuriata, suo figlio che si lamenta dell'assicuratore «dittatore»? «No, mai. So che Carpifave aveva un carattere un po' particolare. Ma niente di più». Flavio era subagente della vittima? «Sì. Carpifave era l'agente generale, colui che ha rapporti diretti con la direzione della compagnia assicurativa. Flavio, il subagente, col fratello lavorava polizze sue e quelle passate dall'altro». Ma campava solo con l'Aurora di Carpifave? «No. Anch'io sono subagente, ma tratto diverse compagnie, non c'è conflitto di interessi». Ha visto suo figlio, lo ha sentito? «No, ora mi scusi, domani (oggi, ndr) devo andare in Tribunale».