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Meno sprechi, la ricetta di Alemanno

Gianni Alemanno

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Roma Capitale può e deve uscire dalla crisi, ma il governo deve fare di più. L'appello di Alemanno. Sale le scale dell'Auditorium al fianco del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Un gesto di cortesia, quello del sindaco Alemanno nei panni del padrone di casa ma non solo. È proprio al governo che il sindaco si rivolge, ancora, per garantire stabilità e sviluppo alla Capitale. Un appello quello di Alemanno che non manca di raffinate punture a un governo, certamente amico ma che forse sta chiedendo un po' troppo. Così, sotto forma di emendamenti alla manovra Tremonti, Roma chiede di elevare il contributo strutturale governativo a 350 milioni, rispetto ai 300 già previsti, in modo da poter limitare allo 0,3% l'aumento dell'addizionale Irpef (al momento fissato invece allo 0,4%). Trovata poi un'alternativa all'introduzione della tassa di soggiorno, che potrebbe essere sostituita dall'aumento del biglietto dei musei e dalla «trattenuta» del 20% dell'Iva nelle casse del Comune. Poi una «strigliata» a favore dei Municipi e dei consiglieri comunali. «Siamo d'accordo a ridurre l'indennità del 10% e io per primo lo farò - dice il sindaco - così come verrà applicato a tutti i dirigenti e i membri dei Cda, agli assessori e ai consiglieri ma diciamo "no" all'ulteriore riduzione dell'indennità dei consiglieri comunali, che arriverebbero a percepire uno stipendio di mille euro al mese, e alla cancellazione dell'indennità per i consiglieri municipali. Questo significherebbe lasciare la politica ai ricchi». Ancora, una richiesta forte al governo sul decoro e sulla sicurezza. «Le ordinanze, come quelle che riguardano la prostituzione - ricorda Alemanno - sono una misura di prevenzione nell'attesa che entrino in vigore le leggi nazionali, cosa che ancora non è avvenuta». Molto, insomma è stato fatto ma non è sufficiente a sopportare il peso «drammatico» di un debito di 12,5 miliardi. Un debito che, ribadisce Alemanno, «non deriva soltanto dalla gestione degli ultimi 15 anni di centrosinistra ma da un blocco storico di una città cresciuta per decenni sul debito. Un peso che sarebbe esploso prima o poi e il dissesto finanziario avrebbe comportato lo scioglimento del Consiglio comunale e il fallimento della Capitale d'Italia. Una notizia questa che sarebbe stata devastante. A livello nazionale forse non è stato ben valutato il peso di Roma Capitale». La manovra economica, già nota nelle sue linee guida, è di circa 5 miliardi di euro. Le misure per intervenire sulla gestione ordinaria dell'economia capitolina sono «l'introduzione o la rimodulazione dei tributi - spiega l'assessore al Bilancio, Maurizio Leo - che singifica ad esempio la tassa di soggiorno e l'aumento dello 0,3 per mille di Ici sulle case sfitte, che arriverà così a sfiorare il 10 per mille. Vi è poi la necessità di razionalizzare la spesa, e dunque costituire la centrale unica degli acquisti, attuare il progressivo allineamento ai costi standard e ridurre il numero delle società partecipate». Critico il Pd: «L'amara verità è che, calato il fumo delle chiacchiere - incalza il capogruppo capitolino, Umberto Marroni - ci troviamo di fronte ad un vero e proprio salasso per i cittadini romani con proposte di aumenti di tasse e tariffe. Il Pd è contrario a questa impostazione e lavorerà per salvaguardare i cittadini romani, in un momento di crisi, le fasce sociali più deboli e i servizi erogati dai Municipi». Ieri il sindaco ha riferito al Consiglio comunale, oggi sarà la volta delle parti sociali, poi dei Municipi. La manvora di bilancio verrà approvata venerdì dalla giunta capitolina. Poi la maratona in aula per il voto definitivo entro il mese di luglio.

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