Papà dona un rene alla figlia con la nuova tecnica "dolce"
Per la prima volta in Italia è stato realizzato un trapianto pediatrico di rene da donatore vivente con la tecnica «hand-assisted», importata dal Minnesota. Succede all'ospedale Bambino Gesù di Roma. Un papà, Andrea di 39 anni, dona l'organo a sua figlia Martina di 11 anni. Un risultato storico. L'equipe è stata guidata del primario di chirurgia del trapianto del rene, Nicola Capozza. L'intervento è stato portato avanti, nella fase di prelievo, dal professor Mikel Prieto e dal dottor Giovanni Torino e, nella fase di trapianto, dallo stesso Capozza, e dai dottori Giuseppe Collura e Sandra Battaglia. «Il prelievo - spiega il primario del Bambino Gesù - è stato fatto con la tecnica laparoscopica aiutata dalla mano, detta "hand-assisted". Dura di meno ed è meno invasiva. È una piccola incisione che consente alla mano di entrare nell'addome e operare». La tecnica non è semplice (per l'occasione è arrivato dagli States Mikel Prieto della clinica Mayo) ma è mininvasiva. Viene effettuata in totale sicurezza, senza dolore post operatorio e la degenza in ospedale dura non più di due giorni. «Tutto questo - spiega Capozza - incrementerà i trapianti da viventi, che in Italia sono ai minimi in Europa». La Penisola oggi è infatti agli ultimi posti nella graduatoria dei trapianti da donatore vivente. Nel 2007 sono stati l'1,7% contro il 13,4% di Regno Unito e Svezia, il 22% di Islanda e Paesi Bassi, mentre nel Nord-America si è passati dal 43% di trapianti renali pediatrici da donatore vivente nell'anno 1987, al 60% nel 2000, con una tendenza a un ulteriore incremento. I recenti studi epidemiologici hanno dimostrato da un lato la sicurezza della donazione da vivente, dall'altro la superiorità del trapianto da vivente, in termini di sopravvivenza dell'organo, rispetto a quello da donatore deceduto. «Anche la qualità e l'aspettativa di vita del donatore rimangono del tutto analoghe a quelle del resto della popolazione», spiegano dall'ospedale. Se la donazione degli organi è considerata un grande gesto d'amore, «la donazione di un rene o di parte del proprio fegato o del midollo, per restituire una speranza di vita a un proprio caro, è la sintesi più alta di un legame affettivo», dice il presidente della Società italiana di pediatria, Alberto Ugazio.