Roma boicotta il boicottaggio
Roma si ribella alle scelte dei consiglieri del Municipio XV. Dai semplici cittadini fino agli assessori in Campidoglio si è alzato il coro: «No al boicottaggio dei prodotti israeliani». Un'iniziativa che è sembrata risorgere da un lugubre passato. Nella città dove è presente la più antica comunità ebraica della Diaspora, un manipolo di politici di quartiere ha cercato consensi attaccando Israele. Dimenticandosi dei problemi della città. La polemica nasce quando quattro consiglieri del Municipio XV, presieduto da Gianni Paris (Pd), depositano una mozione nella quale chiedono al governo italiano di boicottare i prodotti dello Stato ebraico e di ritirare le sedi diplomatiche. Le firme sono di Alfredo Toppi (Sinistra arcobaleno), Alessio Conti (Lista civica Rutelli), Valentino Stassi (Idv) e Gaetano Cellamare (Pd). Dei quattro solo Cellamare precisa: «Ho appreso solo leggendo Il Tempo (nell'edizione di ieri, ndr) che la mozione era diventata uno strumento per attaccare il governo israeliano e per ostacolare le attività commerciali di chi lavora onestamente nel nostro Paese. Mi dissocio completamente». Alla fine, solo in tarda serata grazie alle proteste di cittadini e politici, il Consiglio del Municipio XV decide di presentare gli emendamenti che, di fatto, cancellano la proposta di boicottaggio senza però intaccare la condanna a Israele per il blitz del 31 maggio sulla Freedom Flotilla. Soddisfatto il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici: «Ringrazio il presidente Paris che ha avuto la sensibilità di comprendere che l'ordine del giorno era sproporzionato di fronte alla gravità degli eventi, che hanno visto gli stessi firmatari del testo molto distratti, quando nazioni come l'Iran hanno compiuto massacri senza la loro mobilitazione. Voglio ringraziare inoltre - ha detto Pacifici - i cittadini del XV e l'opposizione per l'impegno dimostrato». Il documento originale, comunque, aveva scatenato un polverone. Per le strade della Capitale era salita la protesta. Piergiorgio Benvenuti, il primo a denunciare il gesto dei consiglieri, ha organizzato una raccolta firme al Circolo Pdl Marconi per chiedere il ritiro della mozione anti-Israele. L'adesione è stata in massa: «In meno di due ore - ha detto Benvenuti - abbiamo raccolto quasi 800 firme. Tra i commercianti del XV c'è stata tanta rabbia». Per tutta la giornata, alle proteste dei cittadini si è unito lo sdegno della politica. Dal Campidoglio il presidente della commissione Politiche sociali, Giordano Tredicine (Pdl), ha ritenuto «inammissibile la richiesta di boicottaggio dei prodotti israeliani. Credo che il XV Municipio dovrebbe interessarsi ai problemi legati al proprio territorio. In questo momento delicato la città di Roma dovrebbe promuovere iniziative pacifiche e non una mozione che sembra un embargo». Della stessa opinione Giampiero Cioffredi e Carla Di Veroli, membri della direzione del Pd a Roma. La notizia è rimbalzata in Parlamento. Alla Camera, il deputato Marco Marsilio ha parlato di mozione «indecente che dimostra come i pregiudizi antisemiti si stiano facendo strada nella sinistra italiana sotto le mentite spoglie della critica politica allo Stato e al governo israeliano. Esprimo solidarietà alla Comunità ebraica romana». Da Palazzo Madama, invece, il senatore Stefano De Lillo ha criticato e stigmatizzato annunciando per «la prossima settimana una spesa simbolica nel ghetto ebraico con i giovani del Pdl e del Pri, e alla quale inviteremo anche quei consiglieri del XV Municipio, così potranno gustare con noi i prodotti tipici di una tradizione antichissima». Ha protestato anche Vito Kahlun dei Repubblicani: «È un atto di discriminazione. In un quartiere ad altissima presenza ebraica si rischia di dar vita a un'emarginazione di molti commercianti ebrei che come spesso accade vengono identificati con Israele. Chi non riesce a immaginare quali conseguenze possano avere posizioni simili, è meglio che vada a zappare la terra».