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Marea nera inarrestabile Il tappo funziona a metà

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Ennesima gaffe da parte della Bp, nel giorno numero 48 (ieri, ndr) del disastro ambientale nel Golfo del Messico. Sembra che il nuovo tappo stia funzionando, seppur parzialmente, visto che riesce a catturare solo la metà del petrolio che fuoriesce dal pozzo sottomarino estendendosi per un raggio lungo più che da Roma e Firenze. Ma tanto basta al capo della compagnia petrolifera, Tony Hayward, per dirsi «pleased», cioè felice del risultato appena raggiunto. Espressione duramente censurata dall'ammiraglio Thad Allen, che ha frenato l'entusiasmo espresso dalla Compagnia, prima responsabile di un disastro che sta mettendo in ginocchio intere comunità: «Stiamo facendo i giusti progressi - ha detto l'alto ufficiale che sta seguendo per conto della Casa Bianca tutte le operazioni nel Golfo - tuttavia penso che nessuno possa sentirsi felice fino a quando c'è petrolio in acqua». Il New York Times, invece, punta a scoprire cosa accadde sulla Deepwater Horizon quel maledetto 20 aprile. E il risultato dell'inchiesta è sconfortante. Come sintetizza il titolo di ieri in prima pagina non è chiaro chi comandasse sulla base. «Per più di sei giorni - racconta il Nyt - a maggio, in una fredda e anonima stanza d'albergo della zona, sei agenti federali hanno interrogato senza sosta i responsabili della base Deepwater Horizon, per saperne di più». Ma le risposte non furono soddisfacenti. L'articolo descrive la frustrazione degli inquirenti di fronte alle risposte evasive dei loro interlocutori. Dopo aver tentato di ricostruire, minuto dopo minuto, le ore precedenti e immediatamente successive all'incidente, gli agenti hanno costatato l'assoluta mancanza di organizzazione e di coordinamento tra i responsabili della base, tanto che le eccezioni alle regole erano ormai diventate all'ordine del giorno. Insomma, gravi difetti d'informazione, ritardi nella reazione. Tutti fattori che, secondo gli inquirenti, hanno reso questo tipo di incidente molto più probabile del previsto, soprattutto visto che a operare nella stessa strutture erano diverse compagnie. Infine, l'ennesima stima dei danni economici finali del disastro. Ma stavolta i numeri fanno impressione: secondo le cifre del Credit Suisse, pubblicate oggi in prima pagina dal Washington Post, la marea nera costerà 31 miliardi di dollari, circa 25,8 miliardi di euro. Più o meno quanto la manovra correttiva di Giulio Tremonti. Sinora, il prezzo delle operazioni di pulitura e di copertura del pozzo, s'è aggirato sui 990 milioni di dollari, con una media giornaliera che varia tra i 14 e i 30 milioni di dollari. In futuro, secondo questo studio, per concludere la pulitura del Golfo, tra mare e coste, serviranno tra gli 11 e i 17 miliardi. A questi vanno aggiunti i circa 14 miliardi che saranno necessari per risarcire i danni enormi che la marea di petrolio sta già causando all'industria della pesca e del turismo. Il gigante petrolifero Bp ha fatto sapere che non sfuggirà alle sue responsabilità e procederà nel pagare risarcimenti alle vittime della marea «per tutto il tempo che sarà necessario». Il responsabile dei risarcimenti del gruppo, Darryl Willis, ha detto in una conferenza stampa a Orange Beach, in Alabama: «Finora non abbiano rifiutato alcuna domanda, pagheremo fino a che tutto questo non sarà finito, saremo presenti fino a quando la gente non tornerà alla sua vita normale». Bp ha già pagato 46 milioni di dollari alle vittime della marea nera e ritiene che nel mese di giungo verserà altrettanto.

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