"Busco non è un violento"
«Burrascoso». È il termine usato dalla madre di Simonetta Cesaroni per dipingere il rapporto con il fidanzato della figlia Raniero Busco, oggi sotto processo per l'omicidio della ragazza. Una definizione meteo-sentimentale evocata più volte dal pm Ilaria Calò in aula durante la udienze del dibattimento che si svolge a Rebibbia. Ma ieri, nono appuntamento del processo, gli amici del meccanico Alitalia hanno ridimensionato le tempeste relazionali fra i due, riportando il tutto a un normale «stare insieme» di due ventenni che vedeva Raniero meno coinvolto e Simonetta desiderosa di amore e certezze. A quest'ultimo proposito è stato letto un pensiero vergato dalla vittima in un biglietto trovato nel suo portafogli: «Con Raniero non va molto bene, non riesco a capire il suo comportamento. Credo di essere entrata in un vicolo cieco, dove l'unico modo per stare fuori è tornare indietro. L'unica a provare qualcosa sono solo io, e non può durare quando ad amare è solo uno dei due». Una delle intime amiche della ventunenne assassinata in via Poma il 7 agosto del '98, però, ha interpretato queste parole in modo meno drammatico: «Sono sicura che se oggi Simonetta fosse ancora qui e rileggesse quelle lettere, forse l'avrebbe vista in maniera diversa. Quello che si vive a venti anni, poi a quaranta si vede in maniera diversa. Era una ragazza che soffriva per amore, ma di un amore che lei sentiva non corrisposto», ha detto Donatella Villani. Anche gli altri amici dell'ex coppia ascoltati dalla Corte d'Assise hanno precisato che «Raniero non era un tipo violento o rissoso, che non aveva mai alzato le mani su di lei». Certo, Siomonetta «avrebbe voluto di più» ed «era dispiaciuta» di non poterlo ottenere, come ha spiegato una seconda amica, Annarita Testa, ma non per questo era disperata. «Mai sentito di una lite fra loro», ha aggiunto la teste. Era «una relazione all'acqua di rose - ha completato il quadro la Villani - Magari lei era innamorata e lui no, ma questo capita a molte donne. E, anche se Simonetta era più coinvolta di Raniero, non ci sono mai state botte o schiaffi, ci poteva essere l'appuntamento mancato, però non ricordo discussioni o litigate». Per Sergio D'Aquino, all'epoca fidanzato di Donatella, «c'era un periodo in cui si erano lasciati ma, secondo me, era un rapporto normale». Simone Palombi, citato nell'alibi da Busco, ha poi confermato che quel giorno non era con l'imputato ma con i genitori a trovare una zia suora morente in provincia di Frosinone. Infine, in aula è stata ascoltata un'intervista a Vanacore del 31 agosto 1990 nella quale parla dell'ex datore di lavoro della vittima. Il portiere si riferisce a quanto sostenuto dalla moglie Giuseppa: «Un pomeriggio ho visto Salvatore Volponi passare per andare negli uffici e poi indicare a due stranieri dov'era l'ufficio dell'associazione». Ma Volponi, la sera del delitto, negò alla sorella di Simonetta, Paola, di sapere dove si trovasse la sede dell'Aiag in Prati.