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Cafasso teste scomodo Testini resta in carcere

Gianguerino Cafasso, il pusher morto coinvolto nel caso Marrazzo

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«La nuova base probatoria non solo integra, ma consolida definitivamente il quadro indiziario» ricostruendo «lo scenario e le modalità con le quali l'indagato si muoveva, unitamente ai coindagati Simeone e Tagliente». È uno dei passaggi delle motivazioni con cui il 12 aprile il tribunale del Riesame di Roma si è opposto alla scarcerazione del carabiniere Nicola Testini, arrestato per il reato di omicidio volontario premeditato del pusher Gianguerino Cafasso. In 36 pagine i giudici ricostruiscono la vicenda. La personalità di Testini viene descritta come una persona «interessata ad acquisire le informazioni sull'attività dei transessuali, degli spacciatori e dei clienti più facoltosi». Dagli accertamenti risulta che Testini conoscesse le abitudini di Piero Marrazzo dal 2008 e voleva compiere un blitz dal maggio 2009. Cafasso era un «testimone pericoloso». Cominciati i tentativi di vendita del video incriminato, i carabinieri infedeli hanno «avvertito il rischio della situazione in cui si erano incuneati» e di cui era a conoscenza solo il pusher. «È quindi individuabile un movente più che serio per eliminare il Cafasso che era un ostacolo al tentativo di vendita del video». Di qui la decisione di uccidere. Il delitto viene definito dai giudici «un disegno lucido e diabolico».

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