Cucchi, i medici rischiano 8 anni
{{IMG_SX}}Cadute le ipotesi di reato di omicidio colposo e preterintenzionale ipotizzate inizialmente nell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi. È quanto emerge dall'atto di chiusura inchiesta della procura. Per quanto riguarda gli agenti penitenziari, accusati di un presunto pestaggio compiuto ai danni di Cucchi, a seconda delle posizioni i magistrati ipotizzano i reati di lesioni e abuso dei mezzi di autorità. Inizialmente a loro era contestato il reato di omicidio preterintenzionale. Per quanto concerne i medici dell'Ospedale Sandro Pertini che ebbero in cura il detenuto, i Pm ipotizzano a seconda delle posizioni, i reati di falso ideologico, favoreggiamento, abbandono di incapace e abuso di ufficio. A loro era inizialmente l'omicidio colposo. Il reato ipotizzato comporta una pena massima di otto anni di reclusione. NELLO SPECIFICO - Sono complessivamente 13 le persone indagate nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, il 31enne deceduto il 22 ottobre scorso all'ospedale Sandro Pertini, sei giorni dopo essere stato arrestato. Quattro i nuovi indagati che insieme agli altri nove già noti rischiano ora di finire sul banco degli imputati. Il pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy hanno infatti chiuso l'inchiesta nei loro confronti, atto che di norma prelude ad un richiesta di rinvio a giudizio. Si tratta in particolare di sei medici e tre infermieri dell'ospedale Sandro Pertini che ebbero in cura Cucchi, tre agenti penitenziari e il direttore dell'ufficio detenuti e del trattamento del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria. LE ACCUSE - In particolare gli agenti penitenziari sono accusati di lesioni aggravate e di abuso d'autorità nei confronti di arrestati o detenuti. Ciò per aver, secondo i pm, il 16 ottobre del 2009, in quanto preposti alla gestione del servizio delle camere di sicurezza del tribunale in attesa dell'udienza di convalida «spingendo e colpendo con dei calci Cucchi Stefano - si legge nel capo d'imputazione - lo facevano cadere a terra e gli cagionavano lesioni personali dalle quali derivava una malattia della durata compresa tra 20 e 40 giorni». Non solo gli agenti avrebbero anche sottoposto il 31enne stante «le continue lamentele, a misure di rigore non consentite dalla legge per farlo desistere dalla reiterate richieste di farmaci». Falso ideologico, abuso d'ufficio, abbandono di persona incapace, rifiuto di atti d'ufficio, favoreggiamento e omissioni di referto sono invece i reati contestati, a seconda delle singole posizioni processuali, agli operatori dell'ospedale Sandro Pertini, medici e infermieri. Per quanto concerne il funzionario del Prap, questi è accusato di aver istigato uno dei medici indagati che il 17 ottobre era di turno in servizio presso la struttura protetta del Pertini «a indicare falsamente nell'esame obiettivo riportato nella cartella clinica redatta all'ingresso del paziente i seguenti dati in ordine alle condizioni generali dello stesso che le condizioni generali di Cucchi erano 'buonè», tra l'altro. Dati che sarebbero stati invece «in contrasto con quanto indicato nella cartella infermieristica redatta presso lo stesso reparto e con i rilievi obiettivi dei sanitari di Regina Coeli e di quelli del Fatebenefratelli». MORTE NON NATURALE - Il medico di turno nella struttura protetta del Pertini il 22 ottobre, giorno della morte di Stefano Cucchi, nel certificato di morte «avrebbe falsamente attestato che si trattava di morte naturale, pur essendo a conoscenza delle patologie di cui era affetto, perché ricoverato nel reparto nei cinque giorni precedenti, ricollegabili a un traumatismo fratturativo di origine violenta, che imponeva la messa a disposizione della salma all'autorità giudiziaria». Una circostanza questa che emerge dal capo d'imputazione dell'atto di chiusura delle indagini sulla morte di Stefano Cucchi. A tutti i nove medici indagati è contestata anche l'omissione di referto perché, benché «avendo preso conoscenza nell'esercizio delle loro funzioni della commissione del reato di lesioni personali aggravate e abuso di autorità contro arrestati omettevano di riferirne all'autorità giudiziaria». Non solo, a due medici è contestato il rifiuto di atti d'ufficio perché «indebitamente rifiutavano di trasferire il paziente con assoluta urgenza presso un reparto idoneo».