La Privacy costa un occhio
Un equilibrio difficile. L'obiettivo è conciliare le esigenze della privacy e quelle della sicurezza. E, alla luce delle nuove norme varate dal Garante, non sarà facile. Ci vorranno soldi. Roma è la città più videosorvegliata del Belpaese e dovrà trovare fondi sufficienti per installare cartelli in prossimità delle sue 5.396 telecamere (quelle già messe a sistema dal dipartimento sicurezza) e avvertire così i cittadini che sono sotto l'occhio elettronico del Grande Fratello. Per il delegato alla sicurezza del Campidoglio Giorgio Ciardi non sarà un problema. «Aspettiamo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale - spiega - ma se il garante ha rilevato l'esigenza di approfondire il trattamento dei dati provenienti dalla videosorveglianza alla luce del continuo uso che se ne fa, ci atterremo». La videocapitale conta su 1700 telecamere gestite dall'Atac su metro, bus, parcheggi di scambio, stazioni ferroviarie concesse; 60 sono in carico a Roma Mobilità; 2000 al XII Dipartimento (monumenti, musei, aree archeologiche, scuole); 300 sono dell'Acea; 26 dell'Ente Eur; 1300 del Dipartimento Sicurezza e 10 di competenza della Polizia Municipale. Quindi il Campidoglio dovrà occuparsi dell'istallazione di avvisi relativi a oltre 3.300 videocamere. Recentemente, poi, sono state attivate quelle a Ponte Milvio, Prima Porta, via Gradoli e via dei Due Ponti, proprio davanti casa del defunto trans Brenda. «Approfondiremo l'argomento la prossima settimana - assicura Fabrizio Santori, che presiede la Commissione comunale di sicurezza - I cartelli sono utili per fornire una maggiore percezione di sicurezza e per scoraggiare praticamente eventuali maleintenzionati. Certo è che, moltiplicati per una metropoli come la nostra, avranno un costo. E, se si impongono nuove regole in corso d'opera, sarebbe opportuno che si mettessero fondi statali a disposizione degli enti locali. Infine c'è un problema nei siti archeologici: la cartellonistica potrebbe essere in contrasto con le indicazioni della Sovrintendenza». Per Ciardi, invece, la questione-soldi non è rilevante, perché «ci sono già stanziamenti per il mantenimento del sistema di videosicurezza» che potrebbero essere utilizzati ad hoc. Ma se la Regione o il Viminale, aggiunge il delegato di Alemanno, «vorranno dare una mano saranno fondi ben accetti». Una soluzione potrebbe essere quella di installare gli avvisi lungo le principali arterie di accesso alla città. Ma questo soddisferebbe le regole imposte ieri dal Garante della privacy?