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Ragazza muore schiacciata dal bus

La fermata dell'autobus di via Cornelia dove è avvenuto l'incidente mortale

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Una ragazza dell'Ecuador muore schiacciata da un autobus in via Cornelia. Si chiamava Nuri Melisa Moreira, avrebbe compiuto 23 anni a giugno. Sono le quattro di pomeriggio quando Nuri va a prendere la sua cugina più piccola a scuola. Come quasi tutti i giorni, la riporta a casa in autobus. Sale sul mezzo della linea 985. Un quarto d'ora di viaggio e prenota la fermata. All'altezza del civico 246 di via Cornelia deve scendere. Ci siamo. Il bus si ferma. Sono le 16.30. Lei prende per mano la piccola. Due gradini ed è in strada. Poi, in un attimo, la tragedia. Secondo i testimoni, improvvisamente Nuri viene colta da un malore. Sviene. Si accascia cadendo all'indietro. I piedi verso il palo della fermata. La testa sotto l'autobus. Nessuno si accorge di nulla. L'autista, Marco, guarda dallo specchietto di sinistra per controllare se qualcuno sta passando. Riparte. Percorre tre o quattro metri. Il tempo di sentire le urla dei passeggeri e quelle di alcune persone in strada. Viene quasi assalito. Si ferma. Ma ormai è troppo tardi. Nuri è morta, probabilmente, sul colpo. Le ruote e il peso del 985 l'hanno uccisa. In via Cornelia si scatena il panico. Partono le chiamate al 118. Dopo pochi minuti arriva la polizia. Poi la municipale. Ecco anche l'ambulanza. Purtroppo, accertato il decesso, l'unica cosa che resta da fare è coprire il corpo sfregiato della ragazza con un telo bianco. Marco, l'autista, si sente male e viene portato in ospedale. È sotto shock. Intanto la notizia della morte si diffonde a macchia d'olio nel quartiere. Le case di Cornelia sono abitate da numerose famiglie ecuadoregne. Arrivano i parenti, gli amici. Alla tragedia si aggiunge lo strazio dei genitori. Qualcuno poggia un mazzo di fiori accanto al cadavere. Viene acceso un cero. Ma la disperazione della madre di Nuri è inconsolabile. Anche lei si sente male. Viene portata via. Il padre, il fratello e quattro cugini sono sul posto. «No se puede veer! Non si può vedere!». Urla. Grida di sconforto. Di imprecazione. E le lacrime che non si fermano. «Era la più piccola - dice una signora dell'Ecuador che la conosceva - la cocca di casa». Dopo l'estrema unzione del parroco, iniziano i rilevamenti della polizia. Bisognerà accertare la dinamica ufficiale attraverso una ricostruzione dettagliata dei fatti. I testimoni della tragedia ricordano anche che Nuri, poco prima di scendere alla fermata, avrebbe detto alla cuginetta di sentirsi male e di voler andare di corsa a casa. La cosa certa è che quella fermata non ha un marciapiedi. Né lo spazio adeguato per mettere in sicurezza le persone dopo la discesa. Probabilmente non è a norma. Tra la linea bianca che delimita la corsia, il palo della fermata dell'autobus e il muretto di un casa non c'è neanche un metro.

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