I trans di Marrazzo pronti alla fuga
«Se mi minacciano scappo, vado via da Roma, torno in Brasile». Parla Rachele, una volta trans ora donna dopo l'intervento chirurgico pagato coi soldi delle prestazioni sessuali. La procura teme per la vita sua e di tutti coloro che hanno messo nero su bianco accuse e retroscena dell'intricata vicenda sul videoricatto all'ex governatore del Lazio Piero Marrazzo. Sinora i magistrati hanno arrestato quattro carabinieri (uno di questi è pure indagato per l'omicidio del pusher dei transessuali, Gianguerino Cafasso) ed emesso avvisi di garanzia nei confronti di altri due militari, tutti della Compagnia Trionfale. In questi giorni il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto procuratore Rodolfo Sabelli hanno un altro sospetto, temono che qualcuno possa eliminarli. Così hanno chiesto al gip Renato Laviola di anticipare l'interrogatorio di sei trans e altri tre stranieri, di ascoltarli cioè prima del processo attraverso la formula dell'incidente probatorio. I trans testimoni - scrivono i pm - «proprio per la precarietà della loro condizione sono particolarmente esposti ad atti di violenza o di minaccia». Gli inquirenti poi immaginano scenari anche più foschi. Ricordano quello che successe a Brenda, altro viado della Cassia: «Dapprima percosso - continuano - e poi forse ucciso» nell'incendio nella sua abitazione in via dei Due Ponti la notte del 20 novembre. La morte è al centro di un altro fascicolo d'inchiesta per omicidio, finora però senza indagati. Inoltre in questo clima - ragionano gli inquirenti - i trans possono «rendersi irreperibili e quindi non esaminati nel corso del dibattimento». «Io non sono stata minacciata - riferisce Rachele - Ho accusato uno dei quattro carabinieri di avermi rapinata del computer. Ma nessuno ha detto che me la farà pagare. Se dovessi succedere scappo, certo non rimango qui». Un altro teste centrale del processo è Natalie, la trans residente in via Gradoli, nell'appartamento dove Marrazzo è stato ripreso nel filmato. Il suo avvocato, Antonio Buttazzo, è scettico: «In questi casi l'incidente probatorio è doveroso - precisa - le persone oltre a essere minacciate potrebbero scomparire, andarsene. Non è il caso di Natalie - dice - lei è tranquilla e molto determinata. La mia impressione - incalza - è invece che queste voci di minacce siano messe in giro ad arte. Cioè, già dire queste cose significa esercitare una pressione psicologica. Comincio a temere questo».