A Tomba di Nerone tornerà il Tricolore rubato ai caduti

Ci sono morti che non possono avere pace solo perché sono caduti in Unione Sovietica durante l'ultima guerra mondiale. Il 21 aprile tornerà finalmente a sventolare la bandiera italiana al Giardino dei Caduti sul Fronte Russo, in via Cassia 737. Il vessillo era stato strappato via lo scorso 25 gennaio in un insensato atto vandalico. A riacquistare la bandiera, Matteo Baiocco, 93 anni, che durante il conflitto era nella Croce Rossa: perse il fratello carabiniere in Yugoslavia. «I ricordi per lui sono molto vivi – sottolinea Silvio Leonardi, presidente del Comitato Nikolajewka – tanto che difficilmente riesce a parlare con serenità di quegli anni. Così, per evitare l'ennesimo insulto ai caduti italiani di quel fronte, ha comprato il vessillo per poterlo rivedere sventolare sul giardino di via Cassia». Si tratta dell'ennesimo insulto perché anni prima i soliti imbecilli, di cui purtroppo è ricca la società, avevano bruciato le corone d'alloro deposte alla memoria di quei defunti. «Adesso stiamo ripristinando la carrucola e i cavi per poter rimettere il vessillo - continua - Spero che tutti i giovani capiscano come all'ombra di quella bandiera ci sono i nomi di tanti ragazzi come loro. Non è in discussione l'errore di una guerra sbagliata. Qui oggi si parla solo di persone che chiamate dallo Stato, partirono e persero la vita». Il giardino è l'unico luogo romano dedicato ai caduti in Russia, «nacque nel 2000 grazie a un incontro con la signora Ciampi cui spiegai l'esigenza di avere un luogo che ricordasse quelle perdite – racconta Leonardi - Il Comune di Roma rimase sordo, ma la Presidenza della Repubblica appoggiò l'iniziativa e grazie anche al prefetto Del Mese, sorse questo giardino della memoria». Rimane solo da realizzare un monumento. «C'è il via libera dalla Soprintendenza - conclude - ma siamo bloccati dalla permanenza qui del busto a Paul P. Harris, fondatore del Rotary. Quest'ultima associazione doveva spostarlo a largo Paul P. Harris, a Villa Celimontana, ma non l'ha ancora fatto. «Ogni regione mandò dei suoi figli. Dei 229 mila spediti al fronte - conclude - ne tornarono a casa solo 29 mila. Il monumento rappresenterebbe l'unità d'Italia riportando quei caduti all'affetto del Paese».