Minicar, la morte in 3 modifiche
Via subito il diaframma. Neanche a dirlo. Con quello non si fa neppure un giro in piazzetta. Poi, passata una settimana ad alternare freno e acceleratore senza troppi brividi, si va dal meccanico. Il mondo delle minicar è un business. Fatto di giovani a caccia di uno sprint. Di alettoni. Motori potenziati. Di officine specializzate. Modificare una macchinetta è un gioco da ragazzi per ogni meccanico. Ma alcuni, a Roma, sono dei veri professionisti. Il quadriciclo entra che miagola. Timido. Ed esce lanciando ruggiti. A volte mortali. Succede in molte zone della Capitale. A Ponte Milvio. A Monteverde. A Morena. A Ostiense. Qui, dove i giovani entrano chiedendo di trasformare la minicar comprata dal papi in una spider ultratrasgressiva, spendono dai 500 ai 1500 euro a lavoro. Prima fase: allungare la corsa dell'acceleratore limando la vite sotto il pedale. Aumenta la portata del gasolio e la macchina va. Da 50 a 58 km/h. Ma non basta. È ora che iniziano le vere modifiche. Le principali sono tre. Il variatore di queste macchine immatricolate come motorini 50 (ma in realtà la cilindrata è di 300) è identico a quello delle motoslitte. Come per gli scooter, modificando i rapporti la minicar corre di più. Subito dopo, in officina, si mette mano alla pompa del carburante. Viene incrementato il flusso della nafta per dare maggiore spinta e portare il contachilometri fino a toccare i 95. Poi, variando il cuore del motore, la testata dell'auto, si possono superare i cento all'ora. A questo punto la minicar è già un'«arma» in mano a un minorenne. I meccanici che effettuano queste operazioni, infatti, si attengono alle istruzioni del cliente e aumentano solo la potenza e la velocità del mezzo. Ma l'intero impianto frenante e le sospensioni non sono in rapporto. Il pericolo di un incidente mortale diventa altissimo. La sicurezza è un ricordo. Tanto più che i vari modelli hanno un telaio dalla resistenza minima. Spesso sono in alluminio. In caso di tamponamento possono diventare una trappola mortale. Ma qui dentro, nelle officine, dove le minicar diventano supercar, questo non conta. E allora, portata a cento all'ora, è tempo di modificare il tubo di scarico che da un paio di centimetri di diametro può arrivare a toccare anche i sette. La marmitta diventa così il simbolo esteriore di una Chatenet, di un'Aixam, di una Ligier che si vuole distinguere. Finora il conto è salato. Ma non salatissimo. Tra i cinquecento e gli ottocento euro. Per arrivare a 1500 serve montare l'alettone, cambiare i cerchioni e gli interni, magari in pelle. I vetri vengono oscurati. Gli specchieti argentati. E una fiammata color arancio dipinge uno sportello che resta comunque di (pseudo) plastica. Non può mancare neppure lo stereo. Con casse e subwoofer da cento chili che aumentano la precarietà del quadriciclo in frenata. Le modifiche, come detto, costano care. Non tutti però scendono a compromessi. Alessandro Ascoli del centro riparazioni auto di piazzale Dunant respinge le richieste di modifiche al mittente: «Sono arrabbiato con i miei colleghi che permettono di trasformare queste minicar. È illegale. Come è uno scandalo che possano vendere i pezzi ai privati che poi li montano sulla propria auto, da soli, in garage. È ancora più pericoloso. Certo, con il motorino non c'è confronto, ma bisogna metterci la testa quando si sta al volante».