Commando romeno all'assalto del parco
È uno stillicidio quotidiano. Notizie che spesso non trovano spazio neanche tra le brevi di cronaca. Bottigliate fra ubriachi, liti finite nel sangue per il possesso di una baracca umida e malsana, stupri all'ombra di insediamenti illegali che, smantellati di giorno, rispuntano come funghi quello seguente. E aggressioni brutali tra diseredati che depredano il vicino di sacco a pelo del telefonino e di pochi spicci raggranellati con l'accattonaggio. Emarginati contro emarginati. Clandestini contro clandestini. Abusivi abusati da altri abusivi. Una guerra tra poveri, insomma. Crudele, spietata, feroce. L'ultimo episodio di barbara violenza risale all'altra notte. Siamo nel parco di Tor Marancia. Cinque stranieri cosiddetti «sfd» (senza fissa dimora) stanno montando una tenda per trascorrere la notte. Improvvisamente dal buio compaiono sei persone armate di spranghe e bastoni, due a volto coperto. L'accento, riferiranno le vittime, è romeno. Il gruppetto di aggressori pesta a sangue i cinque: un algerino di 42 anni, una coppia di polacchi, una moldava e un bosniaco, che finiranno tutti al pronto soccorso del Sant'Eguenio. Gli portano via 70 euro, «cellulari», documenti e vari effetti personali. La polacca, che ha 54 anni, denuncia anche di essere stata stuprata (e gli altri confermano). In ospedale i medici accertano che l'algerino ha riportato una frattura all'ulna e varie ferite lacero-contuse e lo ricoverano con una prognosi di 35 giorni, mentre il polacco (56 anni) ha una frattura scomposta dell'omero, trauma cranico e varie ferite su tutto il corpo e se la caverà in un mese di cure. Un massacro. Ma non è finita. Ancora non è l'alba quando, in una casupola di legno in via di Tor Boacciana, non lontano dal ponte della Scafa, un litigio fra un romeno di 37 anni e uno di 50 si conclude con un accoltellamento. La miccia, come accade spesso, è l'alcol. Le ragioni del diverbio, futili. Il più anziano, esperto operaio edile e molto richiesto per le sue capacità, non gli offriva mai un lavoro, non gli dava mai consigli, dirà il feritore del ferito. Per questo ha impugnato un coltello da cucina e ha sfregiato il connazionale che divideva con lui lo squallido rifugio. Per poco la lama non ha reciso la giugulare e l'uomo, portato d'urgenza al Grassi, non rischia la vita, mentre il trentasettenne è finito dietro le sbarre con l'accusa di tentato omicidio. Potremmo continuare all'infinito. O quasi. Gli episodi si susseguono a ritmo incalzante. Le forze dell'ordine cercano di prevenire e reprimere. Ma è un lavoro sull'emergenza. Sociologi e psicologi tentano di fornire spiegazioni, sottolineano che la violenza nasce dal «degrado», parola inflazionata che vuol dire tutto e niente. Gli sgomberi di micro e maxi accampamenti, però, non sembrano sufficienti ad arginare il fenomeno. E i casi più eclatanti diventano subito materia di polemica politica. «La scelta di vivere in condizioni borderline, come quella di accamparsi in un parco pubblico per passare la notte, può purtroppo comportare gravi rischi per la propria incolumità fisica, come accaduto a Tor Marancia. La rapina e le violenze subite sono figlie della marginalità e rappresentano il frutto malato di una mancata politica di controlli e di integrazione che per troppi anni ha caratterizzato la passata Amministrazione», osserva Giorgio Ciardi, del Pdl, delegato del sindaco per la Politiche della sicurezza. «L'aver intensificato, pertanto, il contrasto agli insediamenti abusivi in questi ultimi due anni risponde anche alla necessità di tutelare la particolare fascia di persone che si espone a rischi di questo tipo», conclude Ciardi. Per Enzo Foschi, consigliere Democratico alla Regione, «non è più accettabile che la povertà, il disagio, l'emarginazione, siano ancora considerate colpe da additare o tutt'al più realtà scomode che sarebbe meglio tenere nascoste. Il Campidoglio dovrebbe riflettere sul perché stiano divenendo sempre più ricorrenti le violenze ed esistano così tanti spazi lasciati al degrado». Dario Rossin, capogruppo Pdl del Comune, insiste sul fatto che «accoglienza e sicurezza» sono «due facce della stessa medaglia, che l'una non» può «prescindere dall'altra», e se la prende con «il buonismo» di sinistra. Gianluca Peciola, infine, consigliere provinciale di Sinistra, Ecologia e Libertà, punta l'indice contro l'allentamento delle «politiche di protezione sociale», perché «quando l'altro da sé è considerato nemico, si apre la strada alla separazione tra la società dei cittadini e il popolo degli esclusi».