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La solitudine dei compagni

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Il corteo degli studenti di sinistra

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Flop. La manifestazione dei collettivi di sinistra è un fallimento. Dovevano riunirsi in migliaia all'università di Tor Vergata per dire no al fascismo. Si sono presentati poco più di 250 studenti. Non è un caso se il corteo alle 13, orario della prevista partenza, è ancora fermo. Alla facoltà di Medicina i giovani sono riuniti a piccoli gruppi da dieci. Troppo pochi. Meglio temporeggiare. Tirare fuori il panino dallo zaino. Rollare uno spinello sul prato. E alle 14.30 finalmente si parte. Megafono in mano, casco sotto braccio e striscione in testa: «La vostra infamità non ci piega. Roma antifascista». I quattro leader a capo dei militanti si passano il microfono. Vogliono condannare a morte il Blocco Studentesco, movimento giovanile di destra. Veder soccombere CasaPound. Insultano la polizia. Chiedono le dimissioni del rettore di Tor Vergata Renato Lauro. Vogliono dieci, cento, mille Nassiriya. Attaccano anche la onlus Popoli e il suo fondatore: lo accusano senza conoscere il lavoro di volontariato dell'associazione a favore di popolazioni in difficoltà, come la Birmania. I compagni, intanto, proseguono quasi assenti. I più convinti, a tratti, riescono a intonare qualche coro antifascista. Durano pochi secondi. Poi passano davanti la facoltà di Lettere. Chiedono agli altri giovani di unirsi al gruppo. Nulla. Ignorati. A rompere questa protesta silenziosa c'è ogni tanto un petardo che esplode. O qualche urlo di un militante contro l'università, mentre alza la bottiglia di birra al cielo. Quando la manifestazione passa di fronte Ingegneria per un attimo si rischia il peggio. Un ragazzo fuori dal corteo è assieme ad altri amici. Fissa il gruppo che sfila. Ha una maglietta nera a maniche corte e un paio di jeans. Un estremista di sinistra gli va incontro assieme ad altri due: «Aò! Ma che sei un camerata tu?». In un attimo il caos. Qualche spintone che rischia di diventare rissa. Poi il giovane in jeans si allontana. Non era un camerata: «Io questi qui mica li capisco - dice amareggiato - ma manco ie dici niente e te vengono sotto». Si prosegue. Finalmente ecco la facoltà di Giurisprudenza. Il corteo si ferma dopo cinque chilometri a piedi. Bisogna consegnare una lettera di richiesta di dimissioni a Lauro. Sale una delegazione. L'attesa viene ingannata con cori contro il fascismo. Passano dieci minuti. Tornano i rappresentanti dei collettivi. Il rettore Lauro non c'era. Il foglio con le dimissioni resta sul tavolo della segretaria. Nulla di fatto. La manifestazione è sciolta.

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