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Elemosina e mendicanti Il racket dei lunghi cappotti

Mendicanti, posteggiotori abusivi e lavavetri in via del Porto Fluviale

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Un vecchio e malmesso montgomery, un paio di jeans decrepiti un po' stretti e strappati, una camicia lisa che conserva un vago ricordo del colore originale, barba incolta da oltre due settimane, capelli che non vengono curati da cinque giorni e un paio di scarpe infangate. La messa in scena è quella giusta anche se l'aspetto non è quello di chi non mangia da tempo. È mattina. Così vestito vado in cerca di mendicanti, quelli con addosso lunghi e larghi cappotti. La loro sembra una divisa. Si appostano agli incroci. Hanno lunghe palandrane sporche, malmesse, che coprono corpi appena vestiti. Alcuni camminano scalzi. Altri calzano logore ciabatte in gomma o pantofole sbrindellate. Spesso arrivano su dei furgoni, si cambiano in fretta di nascosto e poi subito a chieder soldi agli automobilisti con passi incerti e un filo di voce. Prima tappa, via Cristoforo Colombo all'incrocio con viale di Porta Ardeatina. L'egiziano che da oltre 25 anni vende fazzoletti di carta stranamente si è spostato, non sta più al suo semaforo di via Beccari. «È una persona a modo - racconta un benzinaio – a volte se proprio ne ha bisogno mi chiede un po' di euro, ma dopo qualche giorno me li restituisce. Ultimamente la municipale passa e gli porta via tutto mettendolo in crisi. Adesso sono arrivati questi con i cappotti». L'egiziano non parla, se ne sta in un angolo con i suoi fazzoletti: «Ho problemi al ginocchio, per questo sto qui». Non vende, resta sotto a un albero. Il suo posto lo ha preso un uomo con un lunga palandrana nera e sbrindellata. Un travestimento molto realistico. Lo sporco è vero, basta guardargli i piedi e le mani. Il tanfo si sente già da lontano. Accetta di buon grado una sigaretta. È romeno, da una serie di parole stentate scopriamo che i mendicanti vestiti in quel modo sono tutti stranieri, molti sono suoi connazionali. In tanti sono rom. «Mia famiglia tutta in Romania. Cerco soldi - gli si riesce a strappare inizialmente – fra tre settimane andare via. Pochi soldi ai semafori: 10 euro in una giornata». Affermazione appare subito falsa. Basta guardarlo al lavoro assieme ad un suo «collega». I semafori di questo incrocio sulla Colombo restano rossi per un minuto circa. Quelli su viale di Porta Ardeatina e via Beccari per un minuto e 20 secondi. I finti mendicanti ad ogni stop riescono a prendere almeno 50 centesimi. Se va bene un euro. In un'ora ognuno dei due arriva a racimolare una trentina di euro. Il collega del romeno, che mendica sotto le mura aureliane, sembra un pakistano o indiano. «Devo dare mangiare a due bambini. Non c'è lavoro» dice, e si trincera dietro un lapidario «non capisco» quando si arriva a parlare più seriamente della sua attività. Se ci spostiamo in altri punti strategici il modus operandi dei mendicanti col cappotto è sempre lo stesso. La Colombo è presidiata. I finti poveri si appostano soprattutto sulla corsia laterale in direzione Eur all'incrocio con via Federici; e ancora al grande incrocio di piazza dei Navigatori. Ma basta spostarsi di poco e li trovaiamo anche sull'Ostiense, vicino all'altezza di Piramide. A piazzale della Radio invece c'è il punto di ritrovo. Praticamente è un presidio fisso. La maggior parte sono rom. I residenti e i commercianti tracciano un quadro molto chiaro della situazione. Ogni giorno alle 17 un furgone scarica i mendicanti e altri nomadi in piazza. La tribù si raduna, ha il controllo dei vari parcheggiatori abusivi che, in modo sottile, taglieggiano gli automobilisti in cerca di un posto. Insomma, una vera e propria catena di montaggio. Un industria da strada ben oliata e redditizia.

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