Simone Leinad Il Consiglio della Comunità ebraica di Roma rischia di cadere.
Iloro nomi si aggiungono ad altri che si sono allontanati nei mesi scorsi. Se in queste ore tutte le dimissioni saranno confermate, il prossimo novembre i quindicimila ebrei romani dovranno tornare alle urne per rieleggere i 28 amministratori, in concomitanza con le elezioni dell'Unione delle comunità ebraiche italiane. Il motivo del dissociamento dei consiglieri è la protesta contro la maggioranza e il presidente Riccardo Pacifici. Secondo la lista di minoranza, frastagliata al suo interno, la Giunta gestirebbe l'istituzione senza tener conto dell'opposizione. Un'accusa che deride il lavoro volontario di ognuno dei consiglieri che ha accresciuto non solo l'immagine della Comunità nel mondo civile, ma anche i servizi interni: dalla crescita degli iscritti alla scuola ebraica, all'istituzione dello sportello anti-usura, passando per gli aiuti agli ebrei, e non, bisognosi di un sostentamento economico. «L'opposizione - ha detto ieri sera Pacifici - non ha costruito la sua azione su base democratica. Ma è stata guidata dal personalismo, dall'invidia e dalla calunnia. C'è stato da parte di ognuno dei consiglieri dell'opposizione un rifiuto di lavorare in Consiglio e assumersi le loro responsabilità. La visita del papa ha catalizzato questa crisi. Ma ci tengo a ribadire che tutte le decisioni delle nomine, le abbiamo prese con l'opposizione. In alcuni casi in un clima accesso, in altri in piena armonia». La polemica, dunque, che ha segnato la frattura definitiva è stata la gestione della visita in sinagoga del Pontefice il 17 gennaio: Roberto Coen quattro giorni prima dell'incontro tra il Papa e il rabbino capo Riccardo Di Segni decise di dimettersi perché contrario all'incontro. Da lì la protesta della minoranza ha subìto una forte accelerata fino alla stesura di una dura lettera del consigliere Di Nola contro Pacifici. Non sono servite neppure le riunioni a porte chiuse tra opposizione e Di Segni per riparare. La minaccia era chiara: se Pacifici non lascia, il consiglio cade. La beffa, proprio per la comunità romana, è trovarsi di fronte a un «ricatto» burocratico iscritto nelle norme del sistema elettorale. Riccardo Pacifici, attuale presidente, ha ottenuto alle scorse elezioni una vittoria schiacciante. La sua lista, Per Israele, ha conquistato la maggioranza assoluta e il massimo dei consiglieri eleggibili. Nonostante questo bastano le dimissioni di dieci consiglieri per far crollare tutto. O forse basta l'istinto di chi vive di personalismi.