Dal condono edilizio 10 milioni al Comune
È già «rivoluzione» all'Ufficio condono capitolino. Nonostante le polemiche dei giorni scorsi e un clima, ancora confuso se non proprio «avvelenato», i numeri sembrano dare oggi una prospettiva ben diversa. A chiarire il lavoro (inedito) degli uffici di via di Decima, l'assessore all'Urbanistica, Marco Corsini. «Capisco che la città sia un po' in subbuglio per la ripresa negli ultimi mesi del lavoro degli uffici condono per il rilascio delle concessioni edilizie - spiega Corsini - ci siamo ritrovati con un arretrato di oltre 260 mila pratiche e una media di lavorazione che nel 2007 ha toccato il fondo con soltanto 1.200 concessioni lavorate. Rivisto il contratto con Gemma e dopo un primo momento di assestamento, dovuto anche a conflitti interni all'ufficio, ora finalmente si è sbloccato il lavoro». I numeri lo confermano: dal primo gennaio ad oggi sono state espletate circa 22 mila pratiche. «La priorità - spiega il direttore dell'Ufficio Condono, Giancarlo Matta - va al condono del 1985, per il quale dal primo gennaio ad oggi sono state espletate 5 mila pratiche». Il lavoro, insomma, è partito e le casse capitoline possono contare almeno sui circa dieci milioni «figurativi», ovvero l'incasso presunto per le 22 mila pratiche già collaudate. Ma i numeri sulle richieste di concessioni edilizie in giacenza non sono incoraggianti. Delle 240 mila pratiche in attesa 135 mila sono del Condono del 1985; 44 mila per quello del 1994 e circa centomila per quello del 2003. «Ci sono poi tra le 2000 e le 3000 pratiche che non sono state ritirate dai cittadini - ha ricordato Corsini - probabilmente per non pagare. Un anno fa furono spedite circa 65 mila lettere per richiedere il pagamento ed ora ne sono state inviate altre 12 mila. Se i cittadini non pagheranno il dovuto alla fine dell'iter - l'assessore ha spiegato che ci sarà tolleranza e non sarà perentorio il termine di dieci giorni scritto nelle lettere - si può pensare alla reiezione della domanda di condono. I fatti ci stanno dando ragione anche se c'è una mobilitazione ed una strana agitazione. Sono convinto che questo modo di lavorare vuol dire amministrare senza favorire nessuno, anche se è molto più comodo non gestire una città».