I Giochi del Tevere

Le Olimpiadi 2020 lasceranno in eredità ai romani una nuova città a Nord, da Ponte Milvio a Castel Giubileo. «Si tratta della più vasta operazione di riqualificazione urbana mai progettata in Italia», scrivono i tecnici del Comune che hanno redatto il dossier per la candidatura di Roma. Il progetto presentato ieri dal team guidato da Paolo Glisenti segue il corso del Tevere, alle cui sponde è affidato quasi tutto il peso dei Giochi. Il Parco fluviale olimpico è la nervatura di un sogno non più solo sportivo, ma urbanistico e ambientale. È la rivincita di un’area fino ad ora abbandonata a un degradante destino idrogeologico. Una realtà di baracche e capannoni a macchia di leopardo, di traffico asfissiante e di luci fioche che si sono accese solo per raccontare la tragica fine di una signora scesa da un treno nella buia stazione di Tor Di Quinto. Il Campidoglio ha invece deciso di puntare al cuore del problema facendo di quest’area il fulcro del nuovo Villaggio olimpico, dove troveranno posto 18mila persone tra atleti, trainer e giudici sportivi. Gli alloggi saranno realizzati a ridosso di aree già edificate in spazi compreso tra Collina Fleming e il fiume. Il progetto del Comune è ambizioso, ma in 10 anni, se c’è la volontà, si può fare di tutto e di più. La riqualificazione del Tevere passa in primis per la sua navigabilità. Dalla diga di Castel Giubileo fino al ponte Duca d’Aosta (12 km) verranno creati 5 approdi: Saxa Rubra, Salaria, Grottarossa, Tor di Quinto, Acquacetosa. A Saxa Rubra verrà realizzato il Villaggio Media, che ospiterà 5mila giornalisti. Più giù, il depuratore di Grottarossa sarà sostituito da uno di nuova generazione, interrato, per la gioia dell’olfatto dei residenti, recuperando 40 ettari di verde. Il nuovo bacino sarà inoltre in grado di produrre energia elettrica "pulita". L’aeroporto dell’Urbe, valorizzato, farà la sua parte sul campo del trasporto aereo leggero ed elicotteristico. Sull’altra sponda i Lancieri di Montebello possono dormire sogni tranquilli. Alemanno l’ha ripetuto anche ieri. Aree monumentali come il galoppatoio dei Lancieri verranno salvaguardate. Anzi un percorso ippico costeggerà il fiume e la pista ciclabile fino alla diga. Il Parco fluviale, insomma, sembra cosa fatta. E il Ps5, il piano di bacino approvato nel 2008, dovrebbe sostenere l’impresa. Ma il sindaco, prima ancora dei Giochi, ha deciso di vincere la sfida della mobilità chiudendo l’anello ferroviario. L’opera, attesa da vent’anni, prevede la costruzione di una nuova stazione ferroviaria a Tor Di Quinto e di un altro ponte sul Tevere per congiungere via Prati Fiscali con via Flaminia. Il Parco Olimpico vero e proprio, invece, che già comprende l’area del Flaminio, il Foro italico e l’Acquacetosa, ingloberà parte della Caserma Salvo d’Acquisto, dove sorgeva il centro sportivo della Lazio, e potrà contare sulle strutture dei circoli sportivi privati per gli allenamenti degli atleti. Riutilizzare, riqualificare, rispolverare, ma soprattutto, «non lasciare cattedrali nel deserto», come chiesto della Regione. Il Comune, che ha già le sue gatte da pelare sparse per tutto il Piano regolatore, ha fatto sue le richieste de La Pisana. L’unica grande cattedrale non sarà nel deserto, ma a Tor Vergata, dove continuano i lavori, a prescindere dalle Olimpiadi, della città dello Sport ideata dall’architetto Calatrava. Entro il 2015 saranno pronti i palazzetti gemelli, una piscina scoperta e una pista d’atletica. Il terzo polo olimpico troverà posto alla Nuova Fiera di Roma, dove i padiglioni saranno trasformati in mini stadi. Ma l’anima del progetto resta il Parco olimpico, dove gli atleti si sposteranno dagli alloggi di Tor di Quinto ai campi gara in una manciata di minuti, troppo pochi, forse, per chi conosce il traffico di Roma Nord all’ora di punta. Ma la Capitale ha ancora 10 anni per vincere le sue olimpiadi della viabilità.