Shottini e cocktail giù tutti d'un fiato e lo sballo è totale
La quantità vince sempre sulla qualità. Degustare, assaporare, associare una bevanda al cibo non è tra i loro obiettivi. Quello che interessa ai nostri figli, nipoti o fratelli minori, insomma i cosiddetti teen-ager (categoria che, per gli inglesi, va dai tredici ai diciannove anni), è l'overdose alcolica. Quindi si concentra l'assunzione nel tempo, trangugiando quattro-cinque bicchieri, preferibilmente ad alta gradazione, in un paio d'ore al massimo e sfiorando così il principio di avvelenamento. Una pratica mutuata dagli anglosassoni che è stata battezzata binge (baldoria, bicchierata, bisboccia) drinking. L'importante è sballare, andare fuori di testa, esagerare. È lì il «divertimento». Per raggiungere lo scopo, uno dei metodi «migliori» è quello degli «shottini», che concilia il consumo «sconvolgente» con le scarse disponibilità economiche degli adolescenti. Per chi non lo sapesse, parliamo di bicchierini di vodka, rum o gin buttati giù d'un sorso uno dietro l'altro, in genere lisci, di tanto in tanto mixati a un succo di frutta o al limone. Il costo va da due a tre euro a «dose». «Li beviamo alla goccia», spiega una diciottenne che ha cominciato in casa con papà e mamma, quando aveva quattordici anni, a consumare mezzo bicchiere di vino durante i pasti e poi ha continuato elevando litraggio e grado alcolico. «Anche il vino, in genere, si sceglie in base al prezzo e si beve tutto d'un fiato. E, se si va al ristorante o in trattoria, si prende sempre quello della casa...», aggiunge. La lunga giornata della sbornia minorile comincia, di regola, nel tardo pomeriggio. Due o tre «birrette» o un martini bianco liscio hanno un effetto-riscaldamento. Si prosegue a tavola con il vino o ancora con la birra, meglio se è una roba forte, come la Ceres o la Tennent's, che viaggiano intorno agli otto gradi. Ma è dopo cena che si raggiunge il picco. Nei locali della movida alcolica capitolina, che per i più giovani vanno da Campo de' Fiori a piazza Trilussa, dal Testaccio a Ponte Milvio o a San Lorenzo, e per i più grandi da via dell'Anima a via del Teatro Valle, dalle stradine intorno a piazza Navona a quelle di Trastevere e dell'Ostiense, i «super» scorrono letteralmente a fiumi. I preferiti dai ragazzi candidati all'alcolismo? Sono i cocktail: vodka lemon e gin tonic, rum con succo di pera, cubalibre (cocacola e rum), redbull e vodka («Da solo il redbull serve per studiare, mischiato all'alcol invece si usa per sballare e poi magari ballare, perché dà energia», ci spiega la nostra confidente). Sono drink piacevoli al gusto che si adattano ai palati ancora «nuovi» dei giovani e nascondono il sapore secco e pungente dell'alcol. Sempre dopo cena, però, non manca chi, sorseggiato il caffé, si concentra sugli ammazzacaffé. E allora è tutto un tintinnare di bicchierini colmi di amaro (il più diffuso sembra sia lo Jeghemaster) e sambuca. «A me non piace - prosegue la nostra amica - ma molti con quella roba ci si sfondano letteralmente. E poi, essendo dolce, fa anche più male allo stomaco». Inutile dire, infine, che spesso le bevande vengono associate alle droghe, specialmente quelle leggere, come hashish e marijuana. Con serie conseguenze per la salute, l'equilibrio psico-fisico e la capacità di restare lucidi in sella a un motorino o al volante di un'auto. Ma lo scopo ultimo come può essere quello di divertirsi se la serata si conclude tra conati di vomito e mal di testa? «Ma no, una sbronza vera e propria non è cosa di tutti i giorni - conclude l'adolescente dall'alzagomito facile - L'obiettivo è stare insieme bevendo. Certo, se esageri sai che starai male, però è anche vero che intanto, prima, ti sei divertita...». Sì, divertirsi da morire.