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segue dalla prima (...) commerciale Dragoncello ad Acilia, Confcommercio e Confesercenti hanno gridato allo scandalo in difesa dei «piccoli».

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Infinela doccia fredda: la struttura rientra nel piano di recupero urbano Acilia-Dragona art.11, che è stato adottato nel 2001 e sottoscritto con l'accordo di programma tra Comune e Regione Lazio nel 2004. In poche parole, ora l'autorizzazione non può essere negata. La struttura di 15 mila metri quadri, salvo capovolgimenti dell'ultima ora, sorgerà tra qualche anno a Roma e accanto ad essa, nel giro di 5-8 anni, potrebbero nascerne altre 10 che fanno sempre parte di quel piano di recupero urbano delle periferie e interessano le zone di Corviale, Valmelaina Fidene, Labaro Prima Porta, Laurentino, Magliana, Palmarola-Selva Candida, Primavalle-Torrevecchia, San Basilio, Tor Bella Monaca e Valle Aurelia. Vale a dire 11 nuovi centri che si andrebbero ad aggiungere ai 28 già presenti nel Comune di Roma, più l'Outlet di Castel Romano. Senza contare le 73 grandi strutture di vendita che insistono sul territorio capitolino, per intendersi marchi come Bricofel, Leroy Merlin, Ikea, e i 22 centri commerciali in Provincia dove si contano anche l'outlet Valmontone e quello di Sant'Oreste. Si vocifera, poi, da fonti più che attendibili, che un altro centro commerciale di 28.000 mq. potrebbe sorgere nella zona, in corso di riqualificazione, degli ex Mercati Generali. Numeri da capogiro alla vigilia del nuovo piano del commercio promesso dal sindaco Alemanno che si pone l'obiettivo di programmare la nascita delle megastrutture e di fronte ad una crisi senza precedenti che ha investito i negozi al dettaglio, soprattutto piccoli, schiacciati il più delle volte proprio dalla concorrenza dei «grandi». Queste megastrutture sono nate praticamente senza controllo negli ultimi cinque anni e si sono concentrate nella zona sud-est della Capitale. Secondo la Confcommercio Roma solo nel triennio 2007-2010 sono nati circa tremila nuovi negozi all'interno di questi centri. Non è un caso se ora, anche per le megastrutture, si parla di crisi con chiusure, fallimenti, cessioni di attività, che sempre più spesso lasciano dei vuoti nel panorama della grande distribuzione. La Confcommercio ha calcolato che, di queste tremila nuove attività, almeno il 30-40% sarebbe a rischio chiusura, considerata la crisi economica e la perdita del potere d'acquisto delle famiglie. A tutto questo oggi la giunta Alemanno vuole dire basta e sembrerebbe pronta a presentare alle associazioni di categoria, che giurano di non averne ancora preso alcuna visione, il piano del commercio. Piano, che punta a ridisegnare le linee dello sviluppo futuro della città tra insediamenti, trasporti, accessibilità rispetto alle concentrazioni delle attività commerciali. Dalle prime indiscrezioni sembra che lo stop alle megastrutture sarà definitivo nel cuore di Roma e nelle strutture adiacenti mentre sarà possibile continuare a costruire quelle medie nella parte meno stratificata del tessuto urbano. Quanto ai grandi centri commerciali, è ipotizzabile che buone possibilità di investimento per gli imprenditori ci saranno nel quadrante nord-occidentale, tra la via Aurelia ad ovest e la via Salaria a nord. Mentre è quasi certo che per il quadrante sud-est si metta la parola «fine» alla possibilità di costruire altri centri da più di 15.000 mq. di superficie. Intanto le associazioni di categoria, per le grandi strutture già autorizzate, invitano le istituzioni a considerare l'ipotesi di riconversione delle strutture produttive in residenziali, senza togliere così il diritto ad investire a chi ha ottenuto l'autorizzazione, ma tenendo gli occhi aperti sui bisogni più urgenti della città. Damiana Verucci

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