Percorso a ostacoli
«Bellade' nonna vieni qua, che ti faccio vedere la buca». La staccionata cade, trattenuta solo dallo scotch, dall'erba spuntano fili elettrici scoperti e nella casetta di legno foderata di cartoni usata come latrina ci dormono gli zingari. Ma nonna Laura non vuole spaventare la nipotina. E per far capire a Martina dove si annidano i pericoli le parla come fosse un gioco. «Vedi, qui non devi metterci il piedino, altrimenti ci cadi dentro» dice indicando alla bambina una voragine seminascosta sotto l'altalena. Vietata anche la casetta di legno. «No, qui non ci puoi salire». «E pecché?» domanda la piccina. È un «gioco pericoloso», lo segnala anche l'avviso appiccicato dal Comune sulla struttura di legno. Lo stesso monito che arriva dalla segnaletica verticale fissa. Ma Martina non sa ancora leggere. Per fortuna c'è nonna. Giardino di via Germania, ore 11 del mattino. Laghi d'acqua intorno alla fontanella «che ora serve solo per il bidet degli zingari nelle roulotte sotto il cavalcavia». Cinquanta metri dopo l'Auditorium c'è l'inferno. È Giancarcarlo Pigliacelli, barista storico del Villaggio Azzurro, a dare il via al rimpianto per un quartiere «che fu, e non è più», nella memoria collettiva di 5.000 residenti storici che lo conobbero al tempo dei fasti. «Doveva essere il giardino d'Europa e adesso non è che il letamaio del mondo» dice un residente, Piero Di Prinzio. Letamaio in senso stretto, sì. «Perché paghiamo di tasca per ripulire gli escrementi degli sbandati». Cosa è successo nel parco dove sono cresciuti i bambini degli anni Sessanta? «Era uno spazio verde meraviglioso - racconta un altro residente, Aldo Rosati -, tante panchine dove sedersi al sole e all'ombra». Tutto è filato liscio fino a che non ci hanno rimesso le mani. «Persino il mosaico ha resistito una quarantina d'anni» dice. Ma poi sono arrivati i progetti di Cento piazze. «E i lavori di restyling non sono durati neanche un giorno». Una palata e via, tanto per fare. Come è successo per i rattoppi delle buche, durati da Natale a Santo Stefano, anche il restauro del parco ha avuto vita breve. Le panchine in cemento sono tutto un buco. E le spalliere in ferro sono diventate spuntoni a prova di taglio. Il terreno sembra un campo da golf, da cui spuntano insidiosi fili elettrici. Altri fili penzolano per aria. Mentre la vecchia illuminazione di architettura futuribile è diventata un monumento al degrado. Ma non avete ancora visto niente se non camminate sul marciapiede che dal parco porta a piazza Jan Palach. «L'hanno rifatto tre o quattro anni fa, ma non c'è un solo mattone di peperino che non si alzi al passaggio. In tanti sono caduti, specialmente gli anziani». Ed ecco l'ultimo sfregio al Villaggio Olimpico: è il maxi cartellone pubblicitario, quattro metri per tre, che oscura piazza Jan Palach e il monumento al centro dell'isola pedonale. La statua dello studente cecoslovacco simbolo della resistenza antisovietica, al centro dell'isola pedonale - realizzato con il contributo de Il Tempo - dalla strada non si vede più. E ai residenti poco importa che il cartellone sia regolare. «Crollano i "muri", e l'offesa della damnatio memoriae adesso la sferra la pubblicità» hanno detto ieri i residenti, che si sono riuniti nella piazza per protestare contro il maxi cartellone. «L'hanno montato in una notte, come farebbero i ladri» spiega Roberto Alagna, consigliere regionale e residente storico. «Una settimana fa sono arrivati gli operai, ma alle nostre proteste sono andati via, perché si sono vergognati» raccontano. E sono tornati di notte. «Sono arrivati alle 23 e alle tre avevano finito di montarlo». Si raccolgono firme per chiederne la rimozione. Ma il cartellone ha le carte in regola. «Ma fa schifo lo stesso» dice Piero Di Prinzio che ha inviato email di protesta all'Urp del II Municipio. «In questa piazza fanno lezione i docenti della vicina facoltà di architettura e ogni anno arriva una delegazione da Praga per rendere omaggio all'eroe che dalla strada nessuno vedrà più».