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E ora s'indaga su altri abusi non confessati

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All'exscuola «8 Marzo» se ne era già parlato, erano già saltate fuori. Sono state messe a verbale durante gli accertamenti dei militari per la storia delle ipotesi di estorsione, del giro di paura e minacce che si era stretto attorno agli occupanti, un andazzo che secondo la magistratura era gestito dai vertici del comitato interno che decideva chi doveva entrare e chi uscire dallo stabile: e infatti a settembre sono scattate le manette. In quella circostanza, alcune donne straniere nell'«8 Marzo» hanno detto di essere state avvicinate da membri del comitato alle quali avrebbero fatto proposte sessuali. Nessuna ha aggiunto che dalle parole si è passati ai fatti, nessuna ha denunciato di essere stata violentata. Alla luce degli ultimi eventi, però, gli investigatori vogliono verderci chiaro. Sospettano che la paura possa aver agito su queste donne, per cui hanno scelto l'omertà piuttosto che la denuncia. E non sono solo le donne ad aver testimoniato un clima particolare. Dopo il blitz di settembre, gli arresti e le polemiche, dentro l'«8 Marzo» anche gli uomini hanno cominciato a guardarsi attorno. Il comitato infatti è venuto a sapere che tra gli occupanti alcuni avevano collaborato con gli inquirenti. L'accusa quindi è stata di tradimento. Sono partite le minacce, gli avvertimenti, anche esposti in bacheca. Per qualche settimana, all'ordine del giorno delle riunioni c'è stato il caso Johnny «l'infame». «Sono in pochi a essere contro di me - dice il sudamericano - sobillati da quattro del coordinamento che sono comparsi dopo l'arresto degli altri. Mi hanno sbattuto in faccia i verbali della mia testimonianza resa ai carabinieri in relazione all'aggressione subita dallo straniero (l'anno scorso, ndr). Ho detto loro che per me quella è e rimane un'ingiustizia. Mi hanno risposto che devo andarmene, che non lo faccio un giorno lo faranno loro». Fab. Dic.

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