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segue dalla prima (...) un richiamo di architettura, gastronomia e way of life alla moda.

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Garbatella,la cui prima pietra fu posata dalla «mano augusta di S.M. il Re Vittorio Emanuele III», compie novant'anni e fa moda con le architetture del genio urbanistico di Marcello Piacentini, gli archi, le fontane, la facciata neoclassica del Teatro Palladium, gli edifici razionalisti, il barocchetto romano di Piazza Longobardi, la scritta «è sempre l'ora per un buon bicchiere di vino» che si scorge sulla Chiesoletta e riassume la sfida di trasferire nella metropoli l'allegria magnacciona. Veltroni, complice involontaria la Vespetta cinematografica di Nanni Moretti che in Caro Diario passeggiava pigramente nello splendido dedalo di strade, tra le facciate liberty di piazza Brin e le villette di via Audetto, ha provato a trasformarla in una zona glamour, a misura della borghesia liquida del veltronismo, ma c'è riuscito poco e male. Secondo «Scenari Immobiliari», chi quindici anni fa ha comprato casa a Garbatella ha comunque fatto l'affare del secolo, ma il quartiere s'è salvato da opinabili innesti popolar-trendy tipo il Pigneto. Eppure tra le due zone un tratto d'affinità c'è, se è vero che la villetta dei Cesaroni, santificazione cinematografica del garbatellismo, sta al Pigneto perché i villini post-operaisti di Garbatella risultavano troppo piccoli per contenere il set di «na famija de sette persone, padre madre e cinque figli con una sola fede: la Roma di Totti» (Giancarlo Laurenzi). Molto romanista e abbastanza comunista, in effetti, la Garbatella lo è sempre stata, nonostante il fascismo v'avesse addomesticato la sua urbanistica imperiale. A Garbatella c'erano i «comunisti grossi così» e difatti là si è recata una pattuglia di registi per ritrovare filmicamente «l'anima» del Pd alla vigilia delle primarie dell'ottobre 2009. Ma c'era anche la destra, eccome, alla Garbatella, dove ancora si ricorda la storica battaglia fasciocomunista del gennaio 1950. L'allora segretario della sezione missina era Gigno Ragno, figura spericolata e colta del postfascismo da poco scomparso, dopo aver passato una vita a lottare sotto il muro di Berlino. Mai quei missini avrebbero immaginato di trovarsi una di loro, giovane, donna e militante come la Giorgia Meloni, a fare il ministro della Gioventù. La sua luogotenente organizzativa, Chiara Colosimo, ha ricordato il precoce svezzamento politico in un quartiere dove «ci sono otto centri sociali». E in uno di questi, «La Strada», dieci giorni fa i reduci di Lotta Continua hanno festeggiato il loro baldanzoso quarantennale, videomessaggio di Enrico Deaglio compreso nel menù nostalgia. Ma il calcio, a Roma, sopravanza la storia e la politica. E nel bigliettino mai letto contenuto nell'urna da cui la Meloni estrasse altri messaggini in una trasmissione tv, c'era scritto: «Ministro, sono di sinistra, ma se aiuti la Roma a comprare Cristiano Ronaldo giuro che te voto». Angelo Mellone

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