Camera di Commercio, guerra su voti e posti
Una volta la Camera di Commercio di Roma decideva all’unanimità. Non esistevano maggioranza e opposizione. Al massimo qualche astensione su isolate delibere. È andata bene per 17 anni. Ora, invece, è battaglia tra le imprese. Col sospetto che qualcuno sia arrivato anche a taroccare i dati. Solo un sospetto. Per ora. A maggio sarà eletto il nuovo presidente. Il 3 febbraio scorso il numero due della Regione Lazio Montino ha firmato il decreto che assegna i 32 seggi del Consiglio camerale. Lì si troverà la quadra per scegliere il nuovo leader di Piazza di Pietra. Ma all'Unione delle imprese e degli industriali di Roma i conti non tornano. Il Consiglio direttivo dell'organizzazione guidata da Aurelio Regina annuncia che ricorrerà al Tar. Gli industriali contestano i criteri scelti dalla Regione che «non appaiono coerenti con l'evoluzione degli indicatori economici del territorio nell'ultimo quinquennio, evidenziando palesi incongruenze nel numero di imprese e di occupati dichiarati, particolarmente in taluni specifici comparti». La questione non è semplicemente tecnica. I seggi vengono assegnati con il metodo D'Hondt, un sistema matematico usato nelle elezioni proporzionali e scelto da undici Paesi europei. Una sorta di manuale Cencelli. Difficile pensare che i tecnici della Regione abbiano sbagliato i conteggi. Piuttosto lo spettro che si aggira nelle stanze del potere romano è che qualche organizzazione d'impresa abbia gonfiato i dati autocertificando un numero di iscritti superiore a quello reale, dunque falsando il risultato. Gli industriali non lo dicono. Ma la logica, almeno in questo caso, non ammette interpretazioni. I casi sono due (ovviamente se si accettano le argomentazioni della Uir): o i tecnici della Pisana devono tornare a scuola o le imprese hanno barato. La questione politica è più spinosa. L'alleanza delle piccole imprese, formata da Cna, Confartigianato, Confetra, Compagnia delle Opere, Confesercenti, Legacoop e Federculture, che sostiene il vicepresidente della Camera di Commercio e direttore della Cna Lorenzo Tagliavanti, ha conquistato 14 posti. A Confcommercio, Federlazio, Confservizi, Confapi e Confimprese, che puntano sul leader della Confcommercio Cesare Pambianchi, sono andati 7 seggi. All'Unione degli industriali e delle imprese, alleata con l'Acer, sono stati assegnati 6 posti. Uno ciascuno all'Abi, alla Coldiretti, a Cgil, Cisl e Uil e alle associazioni dei consumatori. Resta in bilico un posto, nel Commercio, ancora non attribuito. Dunque Tagliavanti avrebbe la maggioranza (almeno 17 voti contando sindacati, consumatori e Coldiretti). Ma nell'istituzione camerale le cose non vanno come in politica e pochi voti in più non bastano. L'intesa è necessaria. Per questo si fa il nome dell'attuale presidente di Acea, Giancarlo Cremonesi. Dato in uscita dalla società capitolina, è vicino sia al sindaco Alemanno sia al vicepresidente Tagliavanti. Anche se quest'ultimo non rinuncerà a far pesare la sua maggioranza. Se poi Emma Bonino dovesse vincere le Regionali del 28 e 29 marzo, allora le cose potrebbero cambiare. Insomma, la partita è aperta. Talmente aperta che il ricorso della Uir potrebbe avere più che altro ragioni politiche. L'obiettivo sarebbe quello di rientrare in un gioco che di fatto ha messo all'angolo gli industriali. Anche se dando un'occhiata ai dati comunicati dalle organizzazioni imprenditoriali e sindacali qualche dubbio viene. Dal canto suo Tagliavanti getta acqua sul fuoco e assicura che (almeno lui) non presenterà ricorsi. Nemmeno per ottenere il seggio del settore commercio che ancora non è stato assegnato. «Sono certo che troveremo le vie del dialogo - spiega - che porteranno a un presidente condiviso: noi piccoletti ce la metteremo tutta». Anche se i tempi della concordia mondelliana sono lontani.